La nostra amicizia è nata durante i convegni del Movimento di Cooperazione Educativa… […]
Ascoltava attento le relazioni, ma soprattutto discuteva con noi dei problemi più significativi, prendeva appunti su tutto. Si capiva che lì, insieme a noi, non era solo il giornalista, era anche il maestro che rispuntava e coglieva, nel fermento delle idee e delle esperienze nostre, la speranza, direi la certezza di un cambiamento positivo della realtà. Noi lo sentivamo un amico, che cercava insieme a noi la via della “rivoluzione silenziosa” che avrebbe dovuto dare concretezza alla riforma della scuola in senso democratico.

Mario Lodi, La scuola di Rodari, Introduzione in Scuola e fantasia, Ed. Riuniti, 1992

L’amicizia tra Lodi e Rodari si consolida nel tempo grazie a una profonda reciproca stima, alla condivisione di valori e principi pedagogici, a una visione comune del progetto ideale di scuola e di società, a collaborazioni editoriali, a lettere che intercorrono tra Rodari, abbonato ai loro giornalini scolastici, e gli alunni di Lodi.
Un’amicizia fraterna fra due grandi intellettuali, scrittori, maestri, due personalità caratterizzate da un simile e diverso impegno educativo e civile e da una straordinaria originale attitudine creativa e sensibilità poetica.

Nella loro storia di vita accade che Rodari scrive di Lodi e Lodi scrive di Rodari.
Qui proponiamo due articoli di Rodari che recensiscono, alla loro uscita, due libri: C’è speranza se questo accade al Vho e Il paese sbagliato, divenuti le principali opere di pedagogia di Lodi, e due interventi di Lodi: la relazione tenuta in uno dei convegni a cui viene invitato dopo la morte di Rodari e l’articolo, pubblicato su “Paese Sera”, “Abbiamo perso l’amico poeta”.

Un maestro e i suoi scolari

di Gianni Rodari

Articolo pubblicato su inserto “Libri” di “Paese Sera”, 25 ottobre 1963

“[…]

Le “Pagine di diario” del maestro Lodi, che ora l’editrice Avanti! presenta con un titolo un po’ ermetico ma di buon augurio (“C’è speranza se questo accade al Vho”) sono un’occasione preziosa per intendere che bella cosa potrebbe diventare la scuola il giorno in cui non la governassero più l’astratto formalismo dei regolamenti e l’arido meccanismo delle pagelle, ma la “scienza nuova” dell’educazione che pur sta nascendo, e si fonda sulle leggi della psicologia infantile.

[…]

Il libro si riferisce alle esperienze scolastiche vissute da Mario Lodi tra il 1951 e il 1961 in due scolette della provincia di Cremona, San Giovanni in Croce e Vho di Piadena. Giorno per giorno il maestro riflette sul suo lavoro, annota appunti, conversazioni con i bambini, ricopia intere pagine di quaderni e di giornalini di classe e così, non per teorizzazioni, ma per via di esempi e fatti concreti, narrati con grande semplicità ed efficacia, ricostruisce la sua conquista di un metodo personale e insieme valido -come egli stesso ha ragione di sostenere- “per qualsiasi comunità scolastica in qualsiasi situazione media della scuola italiana dell’obbligo”.

[…]

…una narrazione che anche persone impreparate alla pedagogia possono leggere con grande interesse e con notevole profitto mentre al maestro, al pedagogista apparirà chiaro il valore pressochè rivoluzionario di questo libro che ha tutti i numeri per diventare e glielo auguriamo di cuore, un classico.

Mario Lodi: C’è speranza se questo accade al Vho-Pagine di diario, Editore Avanti!, Milano, pp.300, L.2500.

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L’augurio di Gianni Rodari si è avverato: il libro è diventato un classico della pedagogia.

Edizione Einaudi 1972

Nuova edizione Laterza 2022

Un libro, un maestro

di Gianni Rodari

Articolo pubblicato su “Nuovi Tempi”, Anno IV-numero 52, 27 dicembre 1970

“A Vho di Piadena un maestro elementare ha sviluppato una nuova esperienza pedagogica nella quale gli scolari invece di essere oggetti dell’insegnamento sono divenuti i soggetti di un’esperienza. Gianni Rodari, autore di libri per l’infanzia e direttore del “Giornale dei genitori” presenta qui l’esperienza di Mario Lodi. I disegni e le poesie sono tratti da “insieme” il giornalino della terza elementare di Vho.

Ho conosciuto Mario Lodi più di dieci anni fa, a un Convegno di studi del Movimento di Cooperazione Educativa.

[…]

Con un grande anticipo sulla contestazione giovanile, contestavano la scuola tradizionale, nel modo meno presuntuoso e più produttivo: facendo scuola in un modo diverso da quello tradizionale.

[…]

Certe cose, oggi, dopo don Milani e la scuola di Barbiana, sembrano addirittura ovvie. Ma i Tamagnini, i Ciari, i Lodi, avevano cominciato quando la scuola di Barbiana ancora non esisteva.

[…]

Quel convegno si teneva a Certaldo, […] se non ricordo male, Lodi diresse il gruppo di lavoro sul “testo libero” che non significa semplicemente lasciar scrivere ai bambini quello che vogliono, ma significa creare le condizioni – (e sono tante, e difficili da creare) – perché il bambino abbia voglia o addirittura bisogno di scrivere, e sia capace di metter fuori tutto quello che ha dentro; un punto d’arrivo, non un punto di partenza; una tecnica che esige nel maestro sensibilità, intelligenza e cultura, tanta cultura (pedagogica, didattica, psicologica).

[…]

Dico questo perché non solo ho con questi amici un grosso debito personale, come autore di libri per bambini che, dopo averli conosciuti, ha dovuto rifarsi i suoi studi; ma perché, ora, davanti al nuovo libro di Lodi “Il paese sbagliato” temo che molti cadano a loro volta nell’equivoco di cui sopra, e giudichino l’esperienza scolastica da cui nasce un’esperienza unica, legata alla personalità di un maestro-poeta, alla sua straordinaria sensibilità: una specie di miracolo irripetibile.
Ora, Lodi è anche un maestro-poeta, ma ciò di cui dà conto in queste pagine è essenzialmente un’esperienza nel campo della scienza dell’educazione. Il libro è un diario di lavoro, una storia di “mestiere”.

[…]

Vi si espone, per esempio, una teoria pedagogica, vi si illustra pratica didattica, vi si analizza il “mestiere” del maestro, i cambiamenti e addirittura i salti che gli impone una realtà sempre mutevole, il mondo che cambia. E dietro ogni pagina, quasi sempre trattenuta, con molto rigore, sul binario della narrazione, si sente la lunga riflessione, il costante aggiornamento teorico, l’eco delle discussioni con gli amici del Movimento di Cooperazione Educativa. Sapienza, non intuizione. Quello che Lodi vuol dire, ancora una volta, è: “Ecco come si può fare, ecco come dev’essere la scuola che è oggi la scuola sbagliata di un paese sbagliato”.

[…]

Lodi è uno di quei maestri che hanno pensato e pensano – e personalmente dò loro ragione con tutto il cuore – che per sollevare il mondo non esiste una leva sola, ma ne esistono molte; e ciascuno possa trovare la sua e servirsene; e che una didattica veramente rivoluzionaria non potrà mai essere ridotta a strumento di conservazione. Fa bene il tuo lavoro, dice Lodi ai suoi colleghi, e questo ti costringerà a sollevare il mondo intero; […]
La vita di quei bambini non si svolge in un mini-mondo artificioso, ma nel mondo reale, nel mondo d’oggi. Gli elementi che fanno della scuola un’istituzione “separata” sono il più possibile neutralizzati e sconfitti.

[…]

Egli accetta che siano diversi da quello che potrebbe essere il suo ideale: nella fiducia che, se aiutati a crescere liberamente, essi possono essere migliori di noi; nella certezza che, in ogni caso, essi rimodelleranno il loro mondo a loro immagine, non alla nostra. In questo suo atteggiamento è implicita una critica radicale, un rifiuto totale del vecchio modo di concepire la scuola che, nel migliore dei casi, comporta l’obbligo per i ragazzi di adattarsi a un modello concepito da altri.

[…]

Mario Lodi, Il paese sbagliato, Ed. Einaudi, Torino, 1970, pgg 472, L 1800.

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Dopo la pubblicazione de Il paese sbagliato Mario lodi riceve decine di migliaia di lettere da parte di insegnanti, genitori, cittadini a testimonianza del grande dibattito che questa opera aprì nella società italiana sul tema del cambiamento della scuola e della sua funzione educativa.  

 

Nel 1995 Il paese sbagliato esce in una nuova edizione arricchita da “Lettera aperta ai giovani maestri” di Mario Lodi.

Disponibile nelle librerie, oggi il libro è oggetto di studio e testo consigliato nei corsi di Laurea in Scienze della formazione in diverse Università italiane.

Nel febbraio 2022 in occasione del centenario della nascita di Mario Lodi Giulio Einaudi editore pubblica una nuova edizione.

Nel 1971 a Mario Lodi viene assegnato il 42° Premio Letterario Viareggio, Opera Prima Il paese sbagliato

I bambini e Gianni Rodari

di Mario Lodi

Tratto dalla relazione a un convegno in ricordo di Gianni Rodari, 1980

“[…] Quando quel giorno del 1960, scoprii in una libreria di Milano Filastrocche in cielo e in terra e me lo lessi avidamente in treno, capii che sul vecchiume dei testi scolastici e di libri moraleggianti e noiosi, era arrivato un vento pulito e benefico che annunciava con il fascino dell’arte poetica, il senso di una scuola nuova: la scuola che rompeva le pareti dell’aula e faceva entrare la vita: il lavoro, gli uomini e le donne con le loro passioni, e i bambini con lo sguardo incantato sul mondo tutto da scoprire. Quelle filastrocche erano un dono che Gianni faceva a noi perché lo trasmettessimo a nostra volta ai bambini.

[…]

Erano gli anni in cui, evento unico nella storia italiana, qualche migliaio di docenti di ogni ordine e grado, con passione, insieme, stavano elaborando una pedagogia nuova che portasse nella scuola pubblica i principi e i valori della Costituzione. A questi docenti del MCE (Movimento di Cooperazione Educativa ndr) Rodari fu sempre vicino: partecipava ai loro convegni annuali in veste di giornalista ma in realtà anche e soprattutto di educatore militante. Ascoltava, prendeva appunti, chiedeva, partecipava al nostro impegno, come fosse uno di noi. E lo era.

[…]

Nel ’62, pubblica l’articolo Cipì passero eroico, coraggioso e generoso. “La storia del passero Cipì” scrive “è la storia di ogni ragazzo che viene al mondo, delle sue gioie, delle sue pene, della sua aspirazione alla libertà. Dai nidi viene la grande lezione: la vita, per essere bella, dev’essere lotta”.
Scrive anche di C’è speranza se questo accade al Vho in cui trova “la ricerca di un metodo che metta i bambini nelle condizioni di vivere a scuola la stessa carica di impegno morale, di fantasia, di attività creativa che mettono nei giochi spontanei.”

Da buon cronista cerca i documenti, cioè la voce dei bambini, i loro pensieri stampati sul giornalino. Si abbona, legge i testi, scrive ai bambini e al maestro, anche su argomenti in apparenza marginali, come il cambiamento del formato del giornalino.
“il formato grande, coraggioso, slargato, sa tanto di rivincita sulla mancanza di spazio in classe, o mi sbaglio? … Ti mando per ringraziare i tuoi bambini, questa filastroccolina un po’ sconclusionata, ispirata alla lettura del giornalino, uno scherzetto per salutarli a uno a uno.

[…]

Cinque anni dopo, nel 1969, nel giornalino della stessa classe, legge una discussione dei bambini sulla morte e interviene: “Non sono interamente d’accordo con Angelo quando dice: “Un non credente pensa che muore tutto e allora cercherà di tutto per divertirsi”. Vi sono state e vi sono persone “non credenti” nel senso che non avevano una religione, ma hanno ugualmente dedicato la loro vita a un’attività elevata: il bene degli altri, il progresso dell’umanità, l’arte, la poesia, ecc. E vi sono persone “credenti” che in realtà pensano solo a divertirsi, fare quattrini, ecc. Può darsi che sia così: che uno ha una vita buona e utile non in conseguenza di quello che pensa della morte, ma in conseguenza di quello che pensa della vita – del suo dovere verso gli altri – della sua fede in quello che fa. Dico “può darsi”. Ma non vi ho scritto per provocare un’altra discussione: solo perché la vostra mi ha interessato. Cari saluti. Vostro amico Gianni Rodari.”
Questa lettera ha provocato una discussione molto interessante, che ha allargato l’orizzonte.

[…]

Il 13 marzo 1971, leggendo la ricerca sulla stalla, sugli spazi per dormire e per giocare, che terminava con una lettera agli architetti, scrive: “Alcuni anni fa, su un giornale per ragazzi (“La Via Migliore”) ho scritto anch’io una lettera agli architetti a nome dei ragazzi di città. Vi dispiace se ve la trascrivo?”

[…]

L’8 febbraio 1973 ci scrive per sostenere la nostra iniziativa del “quasi quotidiano”: “Non lo considero un gioco intelligente, ma un vero giornale, forse più vero di tanti giornali perché voi non date solo le notizie ma le discutete, cercando di vedere dietro la facciata delle cose e perché reagite attivamente alle notizie prendendo iniziative. […] Anche le vostre osservazioni sulla poesia (come nasce, quando nasce, che cos’è) sono tutte vere, ma, naturalmente, non rappresentano tutte le cose che si possono dire con verità sulla poesia. Spero che tornerete sull’argomento per approfondire, per esempio, la riflessione sul linguaggio della poesia (la parola giusta al posto giusto – la parola più espressiva – la parola più piena di significato). Forse troverete che nella poesia certe parole non nascono in presa diretta con l’emozione, il sentimento, la realtà, ma da altre parole che si richiamano, si suggeriscono tra loro, si attraggono per formare “insiemi” di parole che non appartengono al linguaggio di tutti i giorni…”.
Così Gianni Rodari con le sue lettere ha aperto ai bambini nuovi campi di esperienza. E i bambini li hanno sperimentati con gioia.

E devo dire che lo stesso è accaduto a me e agli amici della Biblioteca di Lavoro che in dieci anni abbiamo pubblicato con l’editore Luciano Manzuoli più di cento libri. L’ultimo fu Parole per giocare di Gianni Rodari, con prefazione di Tullio De Mauro, che richiama la favoletta del tran tran: “Il tram è pericoloso” dice l’enigmatico signore della favola, “ma il tran tran è più pericoloso ancora. Il tram può spezzare una gamba ma il tran tran può uccidere il pensiero”. In questo concetto De Mauro trova il punto centrale della filosofia di Rodari, ed è vero. Tutta l’opera di Gianni è uno scossone all’abitudine, è lotta ai luoghi comuni, agli stereotipi.

[…]

Quando abbiamo iniziato a leggere le poesie, all’improvviso, quasi per magia, Gianni ci ha catapultato nell’assurdo del nonsense. O scappare o entrare nei labirinti. E ci siamo entrati col pesce che vuole imparare a scrivere a macchina: è bastato che uno ridesse su un particolare per far scattare meccanismi fantastici e dinamiche sotterranee, con risate al limite, irrefrenabili. Gianni ci ha donato, con quel libro, in quella riunione redazionale, un’ora di gaudio fantastico.
Il libretto si chiude con la “Lettera ai bambini”.

Lettera ai bambini

È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo,
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

In questo messaggio c’è il senso del giusto rapporto dell’adulto con i bambini sia in famiglia che a scuola e in ogni momento della loro vita di relazione. I miei scolari e quelli di tante altre scuole dove Gianni Rodari vive ancora, lo hanno accolto come continuo stimolo ad andare oltre la routine, verso la qualità, verso l’arte.”

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Abbiamo perso l’amico poeta

di Mario Lodi

Articolo pubblicato in “Paese Sera”, 21 novembre 1980

“La dolorosa notizia mi è arrivata ieri sera con una breve telefonata: Gianni Rodari è morto. E all’improvviso i ricordi della nostra lunga amicizia si sono affollati nella memoria e parlare di lui mi pare, subito, impossibile. Penso soprattutto ai bambini di scuola che perdono un poeta e uno scrittore che li aveva capiti nel profondo, perchè aveva conservato intatta, in un mondo che queste cose distrugge, la fantasia propria dei bambini. E allora mi pare più giusto ricordarlo con una testimonianza dei bambini. […]”

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