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Anna Rizzi

insegnante


A Mario Lodi si lega, in modo singolare, un episodio che voglio brevemente ricordare e che, nella mia famiglia, non è mai stato dimenticato.
Il 28 maggio 1974 io ero stata ferita dalla bomba fatta esplodere in Piazza della Loggia durante la manifestazione indetta dai sindacati e movimenti politici per protestare contro le trame e sempre più frequenti provocazioni fasciste, e portata in ospedale.
In quei giorni mia sorella si trovava ad Assisi per una breve vacanza e, subito dopo le prime confuse notizie, aveva cercato di ritornare a Brescia, ma con molte difficoltà. Parecchie linee ferroviarie erano state infatti interrotte per gli scioperi spontanei e immediati contro l’attentato. Da Bologna l’unico treno disponibile per avvicinarsi a Brescia era un locale Bologna-Piadena e qui mia sorella era scesa a sera ormai tardissima. Dalla stazione aveva scorto le luci di un locale ancora aperto e là si era subito recata, sia per telefonare ai genitori (allora non esistevano i telefoni cellulari), sia per cercare un mezzo privato con il quale raggiungere casa.
Nel locale c’erano alcune persone, forse anche per discutere del fatto drammatico di Brescia.
Dopo la sua telefonata, naturalmente fatta a viva voce data la posizione del telefono, mia sorella era stata subito accostata da una di quelle persone che, con la massima semplicità e naturalezza le aveva detto: “Non si preoccupi: è già pronta un’automobile con le persone che la possono accompagnare a Brescia”.

Quel “signore” era Mario Lodi.

Sono una ex insegnante che a Mario Lodi sente di dover molto. Negli anni in cui la volontà di dare alla scuola nuovi orientamenti era molto forte, Mario Lodi ha rappresentato uno dei più importanti stimoli per un diverso impegno pedagogico e sociale. Uno dei più convincenti. Mario Lodi non proponeva un’altra scuola ma una “scuola altra”, non separata da questa nostra scuola pubblica italiana, sempre piena di difficoltà, sempre povera di risorse che non siano quelle umane di chi vuole, al suo interno operare meglio. Negli ultimi decenni, purtroppo, non si è fatto tesoro dell’insegnamento di cui Mario Lodi ha dato testimonianza, e sono stati, per la scuola, tempi di sfiducia, di abbandono per politiche sbagliate, di fughe verso il privato e l’individualistico. Ed è dovuto capitare allora che lo spirito dell’esempio di Mario Lodi lo si potrebbe trovare quasi solamente in realtà isolate, definite non a torto “ammirevoli” o “eroiche”, nel contrasto al degrado degli ambienti mafiosi, o razzisti, o delle povertà estreme… Ci resta, però, la speranza.
Insieme a Chiara Monchieri e a molti altri amici ci siamo incontrate per dar vita e organizzare le attività della “Fondazione Clementina Calzari Trebeschi”, sorta subito dopo la strage di Piazza della Loggia. Nel nome di una delle vittime, ma per ricordare l’impegno di tutte per una educazione democratica e antifascista. Questa nostra Fondazione, che è ancora una realtà culturalmente viva della città, per quanto sostenuta quasi esclusivamente da forze e mezzi volontari, ha avuto il piacere di ospitare Mario Lodi, nel 2004, per la presentazione in una Scuola media, del libro in cui erano state raccolte testimonianze di ragazzi sulla strage del ‘74.

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