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Eligio Omati

maestro


I ricordi e i pensieri si affollano nella mente e mi è difficile esprimere in poche parole l’esperienza professionale, umana e di amicizia che ho avuto la fortuna di fare con Mario.

Tutto è partito con una telefonata con cui da giovane e ingenuo insegnante, nei lontani anni ’70, volevo contattare il Maestro Mario Lodi, affascinato dalle sue idee innovative nel campo pedagogico, metodologico e didattico che avevo trovato nei suoi scritti, in una conferenza che tenne al mio paese e in una trasmissione televisiva.

Mario mi indirizzò a Gioacchino Maviglia, un altro grande maestro e amico, attraverso il quale feci conoscenza con tante colleghe e colleghi interessati come me a un nuovo modo di fare scuola.

Su iniziativa di Gioacchino, nacque un gruppo di auto-aggiornamento che per parecchi anni costituì in zona un punto di riferimento per gli insegnanti che volevano una profonda innovazione nei contenuti e nei metodi di insegnamento.

Sempre attraverso Gioacchino, con altre amiche e amici, ebbi modo di conoscere personalmente Mario Lodi e la sua famiglia, e di collaborare con lui nel giornale “A&B” e nelle innumerevoli iniziative della Casa delle Arti e del Gioco.

E ho scoperto una grande persona.

Una persona in cui le doti in campo pedagogico, artistico e letterario si fondevano armonicamente con una personalità empatica, piena di risorse umane, di curiosità, di attenzioni verso chi lo avvicinava, di capacità di valorizzare quanto riteneva interessante.

E soprattutto spiccavano le sue capacità comunicative sia nei confronti dei bambini che degli adulti.

Sembra ancora di sentire la sua voce bassa e calma e vedere il suo gesticolare contenuto attraverso i quali passavano però la sua grande passione pedagogica e le intuizioni sempre innovative che affascinavano gli ascoltatori.

Ogni volta che ci si incontrava, era un piacere vedere il suo sorriso e la sua grande figura abbassarsi per un abbraccio; e ogni volta ci sorprendeva con nuove idee che ci facevano dire: “Veramente è il più giovane di tutti noi!”.

Nelle pause degli incontri di lavoro si parlava a ruota libera un po’ di tutto; lui ci raccontava delle sue vicende anche drammatiche del periodo bellico, i suoi primi lavori al di fuori dell’ambito scolastico e poi di quando, giovane maestro, attraverso la corrispondenza e i convegni, scambiava le sue esperienze didattiche con colleghe e colleghi nello spirito del Movimento di Cooperazione Educativa.

Ma anche si rideva e lui era sempre pronto a commentare i vari avvenimenti con battute di sapiente e sottile umorismo.

E mentre guardo nella libreria le sue molteplici pubblicazioni, ricordo quando, con mia meraviglia, mi diede la prima stesura di un suo libro dicendomi: “Leggi, e poi dimmi cosa ne pensi”. Mi sono sentito intimorito e nello stesso tempo gratificato dalla fiducia che mi accordava: eravamo sì amici, ma lui restava per me il Maestro. Mi feci coraggio e gli comunicai alcune mie osservazioni di cui tenne conto.

Quando uscì il libro, me ne diede una copia con una sua dedica in cui mi ringraziava.

Sono io a ringraziarti, caro Mario, per l’amicizia che ci ha legati e per tutto quello che mi hai insegnato.

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