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Vittorio Panza

musicista e formatore


Ho conosciuto Mario Lodi nella sua Casa delle Arti e del Gioco.
L’occasione era un Seminario di aggiornamento sul tema del bambino cittadino.
Non sono mai stato un bravo studente. Anche per gli errori del sistema scolastico che adesso so individuare. Se il libro, in quanto testo, ha sempre rappresentato una difficoltà, almeno così non è stato con le frasi.
La prima volta che ho letto/sentito “bambino/cittadino” il mio sistema di orientamento pedagogico ha ricevuto un aggiornamento determinante.
Quella frase, semplicemente quella frase, ha stabilizzato il mio orizzonte educativo.

I libri di Mario non li ho letti – come altri – e, almeno a lui, ho potuto confessarlo: ma da bravo maestro aveva saputo ascoltare anche il perché ho sempre fato fatica a “studiare”.
Per parte mia oso dire che ci siamo capiti: in effetti poi mi ha invitato a tenere una relazione sulla mia attività a Drizzona, l’anno successivo.

Al termine di quella relazione, dopo che per un’ora e mezza avevo inneggiato al diritto di ognuno di accedere allo studio musicale e a come modestamente io avessi tracciato una via efficace e percorribile, il Maestro mi si è fatto vicino per dirmi che avevo “fatto una lezione di scienze, non solo di musica”.

E nel quarto d’ora successivo – era lui a parlare -, ho avuto la conferma che aveva capito del mio sistema più di ogni altro insegnante di musica o musicista a cui l’avevo fino ad allora esposto.

Lui che stimava la musica, ma ne aveva, forse, la mia stessa soggezione per i “test”.

La scienza a cui faceva riferimento era la semplicità, sublime e inestimabile condizione a cui ogni insegnante deve far riferimento.
La semplicità è il connotato più significativo della mia, per quanto breve e superficiale, conoscenza con Mario Lodi.
La sua forza calma era radicata, secondo me, nel rispetto che aveva, e che traspariva da ogni sua parola, per la semplicità.
Quel fattore, razionale e morale, che ci rende liberi da questioni superflue: quelle questioni che tanto opprimono il mondo moderno.
La semplicità con cui affrontare la complessità.
La semplicità che ci guida nelle scelte da insegnanti.
La semplicità che ci potrebbe guidare nel futuro: “pace” è un concetto complicato per un militare, mentre era semplice per Gandhi.
La semplicità che ci dà la forza di compiere imprese impossibili.
Per Mario Lodi l’idea che il cittadino dovesse acquisire, già da bambino, uno status critico e consapevole era un’idea semplice.
Per me che lo studio della musica non debba dipendere da predisposizione, talento o orecchio assoluto, era, ed è, un fatto semplice, assodato.

Ciò che ci ha legato, per quei brevi momenti, è la fiducia negli stessi principi: si è cittadini se si pensa. Se si pensa si può imparare qualsiasi disciplina, a patto che chi ce la insegna sia consapevole del nostro diritto a un apprendimento semplice, basato sulla facoltà critica, sulla comprensione, sul ragionamento e non sui diritti di nascita o le qualità personali.

Grazie, maestro Lodi: se c’è qualcosa dopo la vita vissuta, temo che saremo in due luoghi diversi; spero però che siano previsti almeno dei colloqui, fra buoni e cattivi, così parleremo ancora per un minuto.

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