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Emilio Maestri

medico


Viveva il ruolo del maestro come una cosa molto seria, che richiedeva impegno e concentrazione, soprattutto in pubblico, per dare buone risposte a buone domande.

Il viso cambiava quando Mario si isolava dal mondo degli adulti per incontrare i bambini, per i quali il sorriso del Maestro coi capelli bianchi era linfa vitale.

Ho conosciuto Mario in veste di scrittore nel 1996: aveva ricevuto la Storia delle Storie del Bosco Profondo da recensire e mi telefonava affettuosamente senza avermi mai nemmeno incontrato.

Voleva complimentarsi e – con un sorriso chiaramente percettibile anche al telefono – si chiedeva come mai un medico avesse preso la penna in mano per scrivere storie e non solo ricette…

Era l’inizio di una collaborazione che sarebbe continuata per più di 20 anni nell’ambito di quella Educazione Ambientale che aveva praticato in modo innovativo e coraggioso fin da quando era un giovane maestro elementare. Per Mario le Storie del Bosco Profondo erano scenari di quella conoscenza che amava definire “la scuola prima della scuola”, situazioni dove la piacevolezza delle esperienze nella Natura era in grado di trasformarsi in una potenza formativa tanto forte quanto spontanea… naturale.

Incontrare spesso Mario Lodi era un privilegio, in grado di stimolare fantasia e creatività e cancellare la stanchezza di giornate di lavoro passate ad affrontare i problemi di salute delle persone.

Con coerenza, da ogni iniziativa intrapresa emergeva la sua determinazione a non selezionare intelligenze, ma a fare partecipare, a far crescere chi poteva trovarsi in difficoltà.

Sostenuto da una capacità analitica lucidissima, Mario forgiava gli obiettivi educativi, li filtrava attraverso le sue esperienze e li arricchiva con le sue osservazioni.

Ne risultavano elementi pedagogici pratici di sconvolgente potenza.

Non c’è stata volta in cui i suoi consigli non siano stati determinanti: qualche attimo per fermarsi a pensare e i concetti divenuti parole scorrevano limpidi e illuminanti pronti per essere organizzati in programmi e diventare Scuola.

Dopo gli incontri, Mario ripensava sempre a quello che ci eravamo detti, così a volte, passava qualche giorno e trovavo nella cassetta delle lettere una busta con un foglietto esile scritto a mano: conteneva i suoi pensieri riordinati o qualche nuova intuizione, magari un disegnino esplicativo, perché – diceva – le figure possono esprimere quello che le parole non dicono.

La realizzazione dell’Abecedario del Bosco Profondo fu una delle esperienze più belle.

Volevamo dare alle parole della Natura un posto nella didattica sempre più avulsa dagli scenari dell’ambiente. Lo strumento era una rielaborazione del classico alfabetiere da appendere alle pareti, dove i vocaboli scelti e rappresentati nei disegni fossero parole dell’ambiente. Per la “A” il classico ago era sostituito dall’airone, per la “B” al posto del barattolo c’era il biancospino, e così via sino alla “Z” con la figura della zanzara.

Era un’idea attraente e potenzialmente utile per orientare l’immaginazione verso la Natura fin dalle prime classi delle scuole primarie: già così poteva funzionare, Mario la trasformò in uno strumento spaventosamente efficace. Il Maestro, sul retro della scheda, fece inserire la auto-presentazione dell’animale, del fiore o dell’albero come se ognuno di essi parlasse di sé al bambino. Descrizioni rapide di dove poter osservare piante o fiori, delle abitudini dell’animale, degli utilizzi dell’albero: piccole curiosità destinate ad abitare nell’immaginario del bambino. Ce n’era abbastanza per un grande strumento didattico e ci lasciammo soddisfatti ma ecco, pochi giorni dopo, nella posta ordinaria, ecco la letterina del Maestro: “Caro Emilio, inserirei nella busta dell’Alfabetiere anche 4 schede bianche (due coi riquadri verdi per i vegetali e due arancio per gli animali) con i riquadri già pronti per le lettere e per l’immagine, in modo che i bambini possano aggiungere altre piante o animali di loro interesse e – con le loro abilità prima di disegno, poi magari di fotografia – realizzare altre schede, quelle che a loro piaceranno di più. Così potremo passare dall’horto pictus dell’Abecedario all’Enciclopedia… che cosa ne dici?”.

Così è stato realizzato l’Abecedario del Bosco Profondo.

Mario non amava l’uso che si fa sempre di più della televisione.

Lo aveva sostenuto con forza e chiarezza e il suo libro La TV a capotavola resta ancora adesso una lucida denuncia del ruolo negativo del mezzo televisivo, trasformato da possibile strumento di conoscenza e crescita ad una materia collosa e dolciastra dove gli spettatori si illudono di potere decidere ma – attratti da messaggi suadenti – vi restano invischiati come insetti sui rotoli di carta moschicida.

In questa contesa mi volle coinvolgere e ci rivolgemmo insieme all’allora candidato premier Romano Prodi per rivendicare una televisione che potesse sviluppare interessi e conoscenze tra gli spettatori, non relegati ad un ruolo passivo di potenziali consumatori o di burattini intelligenti.

La lettera era un nitido manifesto, luminoso e illuminante, come il nostro buon Maestro sapeva fare: conteneva suggerimenti garbati e proposte concrete e innovative per evitare la barbarie della vacuità assoluta e del crimine come normale espressione della vita.

Purtroppo non vi fu risposta.

Quando le evidenze ci costrinsero a prendere atto di un insuccesso espresso dall’indifferenza, Mario non lo classificò come un fallimento ma come una indicazione chiara a modificare strategia, a riorientare le energie verso obiettivi più diretti, che potessero essere raggiungibili con le nostre forze.

“Senza gli spot invadenti della pubblicità!” dissi come per scherzo… Mario sorrise: “C’è molto da fare – replicò  –ma un po’ di pubblicità… ogni tanto… ma solo per cose belle però! Noi non dobbiamo combattere la televisione: dovremmo sottolinearne gli impieghi positivi…”.

Un’utopia? Mario Lodi ne ha realizzate tante, avesse avuto il tempo, credo, sarebbe riuscito ad accendere una scintilla di novità costruttiva anche in questa specie di Scuola…

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