img-header-sezione-Mario-lodi-radioBN

Nerina Vretenar

insegnante di scuola primaria


Appartengo alla generazione per cui la scuola (pubblica) ha significato riscatto, eguaglianza, appartenenza, dignità.

Ci sono entrata per la prima volta, come alunna, partendo da un campo profughi e portandomi già addosso una storia di peregrinazioni e umiliazioni. La scuola, nonostante i suoi molti limiti, è stata l’isola in cui mi sono sentita uguale, in cui ho ascoltato storie che portavano lontano, verso altri Paesi e altri incontri, in cui ho potuto sognare e imparare che fuori c’era un mondo grande e vario, che avrei potuto, forse, un giorno, conoscere.

Erano gli anni ’50, chissà se la mia maestra aveva già incontrato l’MCE che stava facendo i primi passi, se aveva incontrato Mario Lodi, forse sì. Me lo sono chiesta spesso.

Decidere di diventare maestra è stata forse la risposta al desiderio di creare anche per altri bambini e bambine un’isola dove sostare al riparo dalle tempeste della vita, dove imparare a stare insieme costruendo cultura e bellezza.

Ben presto però, entrata nella scuola come insegnante, mi fu chiara la distanza tra il desiderio e la possibilità reale di costruire una scuola che desse dignità a tutte/i, mi si pararono davanti mille ostacoli: la mia ignoranza innanzitutto (la poca pedagogia studiata a scuola era dimenticata o inservibile); l’inesperienza; il confronto sempre difficile con colleghe e colleghi nelle cui classi regnavano l’immobilità e il silenzio; le guide didattiche e le riviste scolastiche che non mi davano certo ciò che cercavo.

Cosa cercavo? Cercavo di costruire una scuola che fosse una comunità, in cui i bambini/e fossero liberi di esprimersi, di parlare e di imparare insieme, senza timore, senza essere continuamente incalzati, comandati, giudicati.

L’incontro con Mario Lodi fu l’evento felice che mi fece capire che la scuola dei miei sogni era possibile, anzi già esisteva in alcune situazioni, mi aiutò a incamminarmi sulla strada che desideravo percorrere. Lo incontrai innanzitutto attraverso un libro, un libro uscito da poco. Era C’è speranza se questo accade al Vho. Un libro di pura poesia, il racconto straordinario di come un maestro attento, che si pone in ascolto dei bambini/e, possa trasformare una classe in una piccola comunità operosa e serena dove tutti/e crescono insieme sul piano umano e culturale, ognuno/a secondo le sue capacità, in cui nessuno/a è meno importante degli altri.

Oltre a farmi intravedere la strada verso la meta che volevo raggiungere il libro mi fece conoscere una realtà che ha avuto un peso decisivo per tutti i miei anni futuri. Mi fece capire che quel maestro straordinario non era un sognatore solitario, un educatore geniale che operava chiuso in una torre d’avorio, era un maestro-artigiano che si confrontava di continuo con altri/e maestri-artigiani, che insieme a lui facevano parte di quel Movimento di Cooperazione Educativa in cui si sognava insieme un’altra scuola e si cercava di realizzarla ogni giorno, studiando, confrontandosi, “discutendo fraternamente e collaborando”.

L’MCE e Mario Lodi rimasero e tuttora rimangono i miei riferimenti costanti. Mi fecero capire, coi fatti, che per realizzare una scuola attiva e cooperativa erano necessari studio costante, letture, riflessione, ma soprattutto ascolto dei bambini e delle bambine, desiderio sincero di entrare “nel loro mondo”, infine scambio, confronto, cooperazione con colleghe e colleghi.

Dovunque la vita mi portava a stabilirmi e a lavorare cercavo per prima cosa le/gli insegnanti del gruppo MCE più vicino per poter lavorare insieme a loro, mi procuravo appena uscivano i libri di Mario Lodi continuando il dialogo iniziato con C’è speranza…

Mario Lodi è sempre stato per me il collega speciale, il fratello maggiore generoso e geniale. Se tutti/e ci sentivamo un po’ artigiani impegnati a scambiarci consigli e strumenti, lui era anche artista, capace di volare alto raccontando la scuola con parole che ne davano un’immagine fedele e nello stesso tempo ne svelavano la poesia: l’incanto racchiuso nello sbocciare del pensiero dei bambini/e, nel loro lavorare insieme alacremente per uno scopo comune. Mi aiutò a guardare la scuola attraverso la poesia della sua scrittura limpida che mostrava, con una semplicità disarmante, la bellezza che i bambini, liberi dal timore del giudizio e della valutazione dell’adulto, sono capaci di creare, la bellezza delle immagini che, in un clima di serenità e di rispetto sono capaci di costruire, con le parole, con i colori, con le risorse infinite del linguaggio teatrale.

Bellezza e poesia che i bambini stessi ritrovavano nei libri di Mario Lodi scritti espressamente per loro, che li facevano appassionare alle vicende del piccolo passero Cipì, alla saggezza generosa di Bandiera e agli altri personaggi che diventavano parte del loro mondo.

Molte volte ho avuto la fortuna di incontrare Mario Lodi di persona. Nella sua generosità non si sottraeva, se appena gli era possibile, alle richieste delle compagne e dei compagni del MCE di intervenire a un dibattito, a un incontro, senza fare differenza tra un grande convegno prestigioso e un incontro con un piccolo gruppo di maestre/i.  In tutte le situazioni ascoltava con attenzione e metteva la stessa attenzione e cura nel parlare della sua-nostra idea di scuola con la pacatezza che lo caratterizzava, con la semplicità e la forza che hanno le parole quando c’è dietro il sostegno dell’esperienza vissuta, della convinzione profonda maturata “sul campo”. Erano sempre parole che infondevano coraggio, che facevano apparire semplice e realizzabile ciò che un momento prima sembrava irraggiungibile, soprattutto parole che mostravano la bellezza della sua scuola della libertà e della responsabilità.

Ed è soprattutto la bellezza, l’incontro con la bellezza che mi ha colpito quando, recentemente, ho avuto la fortuna di poter trascorrere del tempo nella Casa delle Arti e del Gioco. Lo spazio ampio e luminoso, la magia dei colori delle pitture dei bambini e delle bambine, le loro parole raccolte e trascritte con fedeltà e rispetto, le terre colorate, materiali poveri ma di sicuro effetto che il maestro procurava e metteva a disposizione… tutto emanava bellezza e infondeva serenità e forza.

Grazie Maestro, averti incontrato ha reso più ricca la mia vita e più felice il mio cammino di maestra.

Pubblicato il: