Luciana Bertinato
maestra e formatrice
Sono cresciuta con il pensiero e i libri di Mario Lodi nell’Italia degli anni Settanta ricchi di grande fermento culturale e pedagogico e di educatori straordinari come Alberto Manzi, Lorenzo Milani, Gianni Rodari, Bruno Ciari, Loris Malaguzzi, Danilo Dolci, che hanno lasciato un’impronta indelebile nella scuola, nella cultura e nella società. In quell’epoca il nostro Paese viveva una stagione di importanti trasformazioni economiche e di grandi riforme sociali. Nella scuola era in atto una rivoluzione silenziosa che avrebbe dovuto trasformarla attraverso la sperimentazione di una metodologia innovativa, tesa a valorizzare le intelligenze e i linguaggi di ciascun bambino e bambina. Una scuola empatica, capace di creare relazioni e includere, sperimentare, documentare, nutrire le menti, allevare passioni.
A quel tempo ero una giovane maestra di un piccolo paese della montagna veronese e, insieme a molti insegnanti del MCE, sperimentavo le tecniche della didattica attiva: la conversazione e il testo libero, il calcolo vivente, la stampa e il giornalino, la scrittura collettiva, la ricerca d’ambiente, il teatro e la pittura. La nostra era una scuola povera di mezzi, avevamo una lavagna d’ardesia, una macchina da scrivere, un ciclostile, l’orto e la mensa gestita dai genitori. Lodi m’insegnò ad accogliere la vita dentro l’aula e attivare la ricerca, a vivere la classe come una piccola società democratica nella quale si elaborano regole decise insieme e non imposte, dove si lavora attraverso la cooperazione e le attività didattiche sono motivate dall’interesse anziché dal voto. Nelle sue parole la meta del cammino era chiara: “Occorre dare spazio e voce ai bambini, popolo del domani che oggi si forma in libertà perché nel futuro difenda la libertà e costruisca una società pacifica”.
Il maestro imparò dai bambini senza stancarsi mai, giorno dopo giorno, durante tutta la sua lunga vita. Ai miei scolari che gli inviavano i giornalini chiedeva idee, suggeriva proposte di lavoro, rispondeva alle loro domande. Mi ha insegnato ad ascoltarli nel rispetto dei tempi naturali di ciascuno, a osservarne il comportamento cogliendo l’intreccio delle relazioni all’interno della classe, a prestare cura nell’uso delle parole e del silenzio. A noi giovani maestri e ai genitori sottolineava l’importanza di “educare i ragazzi ai valori fondamentali per l’uomo civile moderno: la cooperazione, invece della competizione, la pace invece della guerra, l’amore per gli animali e la difesa dell’ambiente, l’atteggiamento scientifico come conoscenza diretta della realtà”.
Nel 1995 m’invitò a collaborare nella Casa delle Arti e del Gioco dove si riunivano insegnanti provenienti da tutta Italia. Gli appuntamenti in cascina erano frequenti, impegnativi, arricchiti da un fertile confronto di idee e pratiche didattiche. Quanti viaggi in auto ho intrapreso da Verona a Drizzona! A ogni incontro Mario mi accoglieva con tenera benevolenza, gli occhi azzurri come il mare e un sorriso timido. Era capace di un ascolto profondo e curioso come un bambino che scruta con attenzione il mondo. Le sue riflessioni sull’infanzia, la scuola e la società sollecitavano sempre la ricerca di strade fuori dagli schemi dei programmi ufficiali, in sintonia con l’invito di Gianni Rodari a percorrere quella “strada che – soltanto in apparenza – non andava in nessun posto”. Poneva mille domande e, nel bel mezzo della conversazione, emergeva quell’idea semplice ma illuminante che soltanto lui sapeva trovare. Sono stati anni ricchi di giornate di studio, laboratori e incontri caratterizzati da un clima di aiuto reciproco, letture comuni, amicizia. In cascina ho conosciuto Tonucci, De Mauro, Alfieri, Zavalloni, Papetti e tantissimi altri amici e amiche con i quali è proseguito nel tempo un confronto professionale fecondo.
Mentre si consolidava la nostra collaborazione sulle pagine de “La Vita Scolastica”, entrai a far parte di un gruppo di lavoro composto da Gioacchino Maviglia, Anna Valera, Aldo Pallotti, Carla Penati e Roberto Lanterio. “Conoscete la Costituzione italiana?” – ci chiese un giorno, preoccupato per il crescente degrado culturale dell’Italia – “Ma, soprattutto, ne vivete lo spirito a scuola con i bambini?”. Per Mario la Carta costituzionale era una bussola utile a non smarrire il cammino. Da quel lavoro triennale prese forma il libro Costituzione. La legge degli italiani, una riscrittura dei principi fondamentali redatta insieme ai bambini e arricchita dalla sua testimonianza preziosa.
Del maestro ho apprezzato il pensiero costruttivo, il coraggio e l’intelligente mitezza densa di contenuti, la convinzione che l’educazione dev’essere arte e scienza, fatica e bellezza. Tra gli obiettivi perseguiti durante tutta la sua vita, l’educazione alla pace ha rivestito un ruolo fondamentale. Anche per questo, come segno di gratitudine, nel 2015 da un’intuizione felice di Roberto Papetti è nata La carovana dei pacifici, un percorso di riflessione e manualità per pensare e costruire la pace. Un’avventura che prosegue e che ha coinvolto oltre ventimila bambini e ragazzi in Italia e nel mondo, con l’intento di promuovere una riflessione sulle relazioni, un lento ma costante lavoro sulle coscienze, la ricerca di strategie efficaci per trovare soluzioni positive ai conflitti. Le piccole sagome di carta, accompagnate dai pensieri dei bambini, hanno attraversato il mare raggiungendo il Perù, l’Argentina, il Brasile, la Florida, la Somalia, il Rwanda, la Palestina, la Spagna, la Germania, il Giappone…
Era una domenica, il 2 marzo 2014, quando Mario è volato in cielo insieme a Cipì. In quel mezzogiorno di pioggia leggera ero nella sua cascina a preparare il XXX appuntamento della RIDEF in programma qualche mese dopo a Reggio Emilia. Maestro, noi “andiamo avanti” tra gli inciampi e le difficoltà, come ci hai suggerito di fare, con coraggio e un “impegno collettivo”, sicuri che tu ci sorridi dal cielo con allegra mitezza.
Le immagini riprendono alcune attività della Classe Coccinelle, Scuola primaria di Soave (Verona).