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Eugenio Scardaccione

educatore, già preside


Rivivo l’emozione di quando, nel maggio del 2005, a Cesena conobbi il celebre maestro grazie all’amico Gianfranco Zavalloni, nell’ambito di un convegno su “Gianni Rodari e la scuola della fantasia”. In quell’occasione gli consegnai il mio libretto autobiografico Tu bocci. Io sboccio, nel quale racconto le mie catastrofiche esperienze scolastiche con svariate bocciature, sfociate poi in traguardi positivi, ultimo dei quali nel 1993 come preside. Lodi, nel suo brillante intervento, dopo aver parlato della centralità del bambino, del MCE e dell’importanza dei valori costituzionali, citò il carteggio con la scuola di don Lorenzo Milani facendo un’analisi di Lettera ad una professoressa: “Il problema fondamentale della scuola non deve essere la selezione, essa non deve bocciare ma promuovere tutte le capacità individuali degli alunni”.

Ebbene in un periodo complesso e delicato come questo che stiamo vivendo a causa della pandemia, è basilare fare memoria e rilanciare ciò che per decenni ha progettato e praticato Mario Lodi. L‘occasione del centenario ci consente di far diventare attuali i suoi insegnamenti spingendoci a essere protagonisti lungimiranti, perché la sua prassi didattica possa allargare gli orizzonti e aprire il nostro cuore e il cervello. Il suo puntuale e appassionato rigore nel ricercare nuove modalità di insegnamento che portano ad un fecondo apprendimento ha valorizzato la metodologia cooperativa, in grado di seminare germi di solida competenza. A tal proposito scelgo di citare dal libro Cominciare dal bambino alcune sue parole illuminanti: “Il bambino non è proprietà dei genitori, né della scuola, né dello stato. Quando nasce ha diritto alla felicità”. In modo, aggiungo, da prefigurare seguendo il suo esempio una sorta di laboratorio interattivo permanente, ove la creatività, il gioco, la poesia, la bellezza, il respiro, l’anelito della libertà e dignità possano sempre accompagnarci.

Ancora è molto vivo in me il ricordo dell’esperienza vissuta con l’amico giocattolaio Roberto Papetti in quel di Drizzona, l’1 marzo 2015, a un anno dalla scomparsa del maestro. In quella circostanza si sperimentò un’idea geniale e originale, “La carovana dei pacifici”, che ha coinvolto centinaia di scuole italiane e non e che nel 2020 ha generato un libro curato da Papetti, Bertinato e Bussolati.

Termino, riprendendo le parole di un libricino dall’eloquente titolo Cambiare la scuola davvero si può, scritto nel 2006 a Cesena con Gianfranco Zavalloni ed Edoardo Martinelli, allievo di Barbiana: “Si capisce bene cos’è la scuola quando la viviamo come se fosse il luogo dive si entra competitivi, aggressivi, razzisti e, dopo aver lavorato e studiato insieme per bisogni comuni, si esce rispettosi degli altri, amici e tolleranti”.

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