Mario Tizi
maestro
Agli inizi degli anni ’70 ero entrato in ruolo, influenzato dalle idee di Mario Lodi ed ero stato assorbito dall’avventura del tempo pieno a Viterbo (uno dei primi in Italia). Il tempo pieno allora era una rivoluzione nel sistema scolastico. Esaurita l’esperienza, volevo raccontare quanto avevo imparato in un “diario”, ispirandomi a Il paese sbagliato.
Mi ero rivolto a Lodi come scolaro che si rivolge al maestro, per avere consigli e suggerimenti. Era nato così un rapporto amichevole all’interno del quale si sviluppò una felice collaborazione tra Lodi e i 48 scolari delle classi dove insegnavo. Avevo già scritto Come è fatto il mondo, “diario” di prima e seconda elementare. Ad esso erano seguiti Dietro la mela (terza e quarta) e Bambini (quinta classe), ambedue inviati a Lodi che espresse solidarietà e incoraggiamento, scrivendomi che Dietro la mela era “un documento importante, perché l’asse portante dell’esperienza era il dialogo continuo fra maestro e scolari su tutto”. Di Bambini scrisse che “era contento che in questo periodo di confusione pedagogica un maestro dica come fa scuola e perché” e che “era un atto di coraggio che rompe l’isolamento”.
Al di là della stima reciproca, credo che il valore del rapporto con Mario Lodi risieda nell’incontro di due maestri che provenendo da tempi e mondi diversi (Mario dal Movimento di Cooperazione Educativa, io dall’area cattolica) condividevano un comune sentire sulla società, sulla scuola e sull’educazione. Sentire che poggiava sulla convinzione che nell’insegnamento è centrale il rapporto che si stabilisce fra maestro e scolari. Un maestro che sostiene il lavoro con la forza della sua passione e di una competenza che alimenta ininterrottamente. E uno scolaro che progressivamente diventa protagonista dell’avventura della conoscenza e, da grande, consapevole cittadino. Tutto il resto serve per sorreggere questo rapporto.
Senza queste componenti, non si fa scuola. E nemmeno un mondo migliore.
Lettera di Mario Lodi agli scolari: 48 bambini di Classe quarta agli inizi dell’esperienza del modulo (tre insegnanti su due classi, io nell’area antropologica). *
4/1/1995
Caro maestro e cari ragazzi,
ho qui davanti tutte le vostre lettere di ringraziamento e non so come fare a rispondere a tutti perché ognuno di voi mi ha fatto tante domande. Cercherò di riassumere in una sola lettera quel che ho provato leggendo i vostri pensieri, così immediati, così genuini.
Prima di tutto vi dico che sono contento che per la presentazione del vostro libro ci sia stata una festa così grande, in una sala magnifica, e con le autorità: il sindaco, il vescovo, un colonnello… Questo mi fa piacere perché vuol dire che queste persone importanti capiscono i bambini e aiutano i maestri che vogliono farne dei bravi cittadini, sinceri, onesti, laboriosi. A quella festa mancavo solo io, ma voi bambini avete capito che non l’ho fatto per capriccio: tutti i bambini me l’hanno detto in modo affettuoso ed originale: “tu abiti all’estero ed è molto lontano da Viterbo” mi ha scritto Valeria.
“Ogni giorno sei chiamato da tutti e non sai dove andare…” (Andrea) “Abbiamo capito che hai tanta gente che ti vuole e anche molte scuole, e non ci siamo offesi…”. “Tu a quella festa meravigliosa ci sei entrato con la tua lettera…”. “Quello che conta per me è l’affetto che sta nella tua lettera…”. “Anche se non c’eri a me pareva che stavi accanto a me…”. “Anche se tu non c’eri materialmente, io t’ho visto e sentito, eri lì vicino a me, a darmi coraggio e forza…”. “Tu ci hai risposto e invece ci sono persone che non rispondono per niente…”. “Noi ti conosciamo come se tu fossi un nostro genitore…”. “Chissà che vita incasinata che hai!…”.
Tutti i bambini hanno capito il senso della mia rinuncia, tranne uno, che mi scrive: “Ci sono rimasto male, ma come dico io “Il ricco non va dal povero”, se venivi avresti perso tempo…”.
Questa frase anonima mi ha fatto capire con quale desiderio questo bambino voleva la mia presenza: non gli bastava il sindaco, il vescovo e un colonnello, voleva me per dirmi qualcosa di importante. A questo bambino che si è sentito “tradito” dalla mia assenza, voglio esprimere il mio ringraziamento per la sua sincerità, ma voglio anche dirgli che non sempre è possibile esaudire tutti i desideri, specie quando si sono presi impegni con altri.
Francesco mi dice che è “contentissimo che io e il suo maestro siete amici”.
Il vostro maestro sta facendo un lavoro importante: sta raccogliendo ciò che voi fate nella scuola per dimostrare che i bambini hanno un loro modo di pensare, sanno usare la fantasia e la ragione, e a poco a poco scoprono come è fatto il mondo. È un maestro che vi rispetta e vi vuole bene, che cerca di farvi ragionare e rendervi felici. Davide mi chiede come si fa a scrivere un libro intero. Per scrivere un libro bisogna avere cose da raccontare o idee da sviluppare. Prima di incominciare bisogna essere sicuri che l’idea sia buona, cioè che sia piacevole per chi legge e trasmetta qualche messaggio interessante. Per esempio quando ci è venuta l’idea di scrivere la storia di Bandiera, la foglia ribelle che non vuole morire, abbiamo capito che quella storia avrebbe insegnato che cos’è un albero, quale funzione ha nella natura e come ogni foglia è un laboratorio chimico che costruisce la sostanza di cui si nutre l’albero ed emette l’ossigeno, indispensabile per la vita degli animali e dell’uomo.
Poi, quando l’idea è chiara e sappiamo come comincia e come finirà la storia, è necessario pensare ai fatti da raccontare, in ordine. Insomma scrivere l’indice. Il libro non c’è ancora, ma nella nostra mente è già pensato. Infine si comincia a cercare le parole giuste e belle per scrivere, pensiero dopo pensiero, i capitoli. I capitoli si leggono e si rileggono fin che risultano piacevoli, e così via.
Fabrizio vuole che gli scriva una bella fiaba. Lo farei, se avessi un’idea buona, ma ora purtroppo non ce l’ho. Allora vi chiedo un piacere: datemi voi delle idee, scrivendo su un foglietto una storia di poche righe ( di animali o cose o persone ) da cui si capisca che cosa succede. Ma devono essere idee nuove, che nessuno ha ancora inventato, non copiate dalla TV o dai giornaletti. Al lavoro, dunque. Io sceglierò fra le idee che mi manderete quella che mi sembra più interessante e la trasformerò con la mia fantasia in fiaba, per Fabrizio e per tutti.
Vi saluto cordialmente. Mario Lodi
*In Mario Tizi, Dietro la mela, Armando editore, 2000