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Ilaria Vecchi,

studentessa Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università degli Studi di Macerata


Mario Lodi rappresentò per la scuola italiana post bellica un ideale di maestro rivoluzionario che tentò di portare all’interno delle scuole gli ideali che animavano la Costituzione Italiana, che in quegli anni fu promulgata.  Nato e cresciuto durante il fascismo, Lodi seppe riconoscere al meglio le necessità dei bambini per una formazione equilibrata a livello globale.

Entrando a far parte del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), quindi, in contatto con le ideologie del pedagogista Célestin Freinet, rivoluzionò la sua pedagogia, liberando il bambino e ponendolo al centro del processo di apprendimento-insegnamento.

Nelle sue opere emergono in maniera incalzante alcuni tratti distintivi del suo pensiero, uno dei quali era la libertà di espressione, attraverso mezzi quali la parola, la creatività e la collaborazione, che all’interno delle scuole non era mai stata concessa ai bambini. Il testo Il Paese Sbagliato, una delle sue opere, mi ha permesso di entrare nel vivo del suo metodo di insegnamento, portandomi anche a riflettere sulla sua efficacia. Le attività didattiche basate sull’esperienza, talvolta anche personale, e sulla libera manifestazione delle proprie emozioni diventano per il bambino, ma anche per l’intera classe, un momento di crescita tanto a livello formativo quanto a livello personale. Questo fa sì che la classe si trasformi in una piccola comunità in cui i pensieri altrui vengono utilizzati come mezzo per arricchire il bagaglio personale di ogni bambino. Nelle classi-comunità di Lodi, infatti, si crea un clima favorevole al reciproco scambio di idee e al miglioramento di quest’ultime. Un modo di insegnare in cui il maestro stesso si fa da parte, lasciando libero margine agli alunni e mettendosi al loro stesso livello, proprio come fosse un compagno a tutti gli effetti, tentando di abbattere quell’autorità che aveva sempre contraddistinto il suo ruolo.

Un amico: proprio così mi sento di definire Mario Lodi. Colui che grazie al desiderio di liberare il bambino da tutte le coercizioni che lo avevano sempre imprigionato, annulla l’idea di maestro autoritario che detta compiti con severità e che non nutre alcun rispetto nei confronti delle diversità che contraddistinguono le personalità di ognuno dei propri alunni.

Tale aspetto si riverbera anche nella sua modalità di insegnamento, in cui rifiuta il nozionismo e sente la necessità di insegnare tramite l’esperienza diretta. Egli rifiuta la staticità del bambino, il fatto che esso debba restare seduto sul banco fermo inerte a leggere e a scrivere. Per Lodi il bambino deve diventare egli stesso il motore del processo di apprendimento.

Tutti questi aspetti portano a riflettere su un pensiero tanto innovativo per quei tempi, anche in rapporto alla scuola di oggi. Se pur ritenuto da molti un vero e proprio modello resta oggi accantonato in un cassetto e difficile da far riemergere.

La tecnica didattica utilizzata da Mario Lodi rende partecipe, a tutti gli effetti, il bambino della sua formazione in un modo divertente attraverso il gioco, la musica e la danza. Il bambino del passato, come quello di oggi non ha bisogno di stare fermo ad ascoltare una serie di informazioni nozionistiche e scientifiche che mai riuscirà a comprendere in maniera completa poiché troppo difficili; il bambino ha bisogno di imparare divertendosi, è proprio così che il processo di apprendimento avrà maggiore successo.

In una società come quella attuale, Mario Lodi si sarebbe trovato immerso in una realtà ricchissima di elementi che avrebbe potuto utilizzare per migliorare la sua pedagogia. Una metodologia di insegnamento che andrebbe vivamente ripristinata all’interno delle scuole italiane, ma che avrebbe bisogno di insegnanti che credano, come Mario Lodi, in forti ideali e soprattutto, che credano nella forza e nella potenza di ogni bambino.

“Cari maestri, prima di tutto ci sono i bambini e le bambine, che devono essere nonostante tutto al centro del vostro lavoro, e che vedrete, non smetteranno mai di sorprendervi. […] Siate orgogliosi dell’importanza del vostro mestiere e pretendete che esso venga riconosciuto per quel moltissimo che vale”.*

*https://www.casadelleartiedelgioco.it/lettera-agli-insegnanti-di-mario-lodi/

Concludo riportando questo stralcio da una recente lettera aperta che Mario Lodi ha rivolto ai nuovi maestri, auspicandomi che egli costituisca sempre un modello sia come persona sia come figura d’insegnante per tutti i maestri e le maestre, ma anche per tutti quegli studenti e studentesse, che come me, aspirano a diventarlo. Credo che le parole meravigliose che egli utilizza per descrivere questa professione ci investano tutti di grandi responsabilità, ma ci promettano anche molte gratificazioni.

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