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Paola Schellenbaum

antropologa culturale


Non ho mai conosciuto personalmente il maestro Mario Lodi ma l’anno in cui fu pubblicato Cipì (1972) frequentavo a Banchette d’Ivrea, in provincia di Torino, una quinta elementare che aveva introdotto sperimentalmente il tempo pieno.

Risultato: fu un anno memorabile, talmente coinvolgente che su un ripiano della mia libreria ho ancora adesso un passerotto di legno, a ricordarmi l’importanza della curiosità, dell’esplorazione e della fiducia nella ricerca e nella conoscenza, a tutte le età.

A pensarci bene, imparai a scrivere sul giornalino di classe che ciclostilavamo nella scuola, facevamo teatro su fatti di cronaca come la guerra in Vietnam o gli attacchi terroristici, dopo ampia elaborazione in gruppo dove imparavamo a discutere, seduti in cerchio, ad ascoltare le opinioni di tutti e tutte. Imparavamo anche a prendere decisioni e a schierarci, dalla parte giusta della storia contro la barbarie della guerra, della miseria e dell’ingiustizia. Imparai inoltre a intervistare le persone, uscendo da scuola a incontrare gli abitanti, nel quartiere davanti alla Olivetti.

Il senso di comunità, il valore dei libri, della cultura e della diversità risuonavano nelle parole del giovane maestro che – ne sono certa – aderiva al Movimento di Cooperazione Educativa, in quanto ci portava anche spesso in biblioteca. Imparai l’impegno civile e il rispetto della Costituzione.

Il contesto era profondamente segnato dallo spirito di comunità olivettiano in cui sono cresciuta, anche nelle generazioni. La famiglia di mia madre infatti era valdese ed era sfollata a Ivrea durante la Seconda guerra mondiale, proveniente da Milano. Mio nonno ingegnere lavorava in Olivetti con l’ing. Willy Jervis, un amico di famiglia, martire della Resistenza, che fu trucidato dai nazifascisti sulla piazza di Villar Pellice, nelle valli valdesi.

Quell’anno in quinta elementare mi segnò profondamente, al punto da voler diventare una ricercatrice in antropologia culturale, con un background in psicologia, e con interessi per l’intercultura, i diritti umani, le società multiculturali e multireligiose, le migrazioni internazionali, i rifugiati e le storie di famiglia.

Il viaggio iniziato allora non è ancora terminato, anzi continua con la serietà e la concentrazione di una bambina cresciuta che gioca ancora con le parole, con la scrittura e con i libri, convinta come sono ancora oggi che essi sono strumenti di liberazione, di partecipazione ed emancipazione, per una società più equa e solidale.

Sono davvero lieta di poter ricordare il maestro Mario Lodi nell’anno del suo centenario, occasione preziosa per ricostruire un puzzle le cui tessere sarebbero forse rimaste più sparpagliate. Grazie!

Leggi l’articolo di Paola Schellenbaum pubblicato in occasione del giorno del centenario di Mario Lodi:
https://riforma.it/it/articolo/2022/02/16/ricordando-mario-lodi-maestro-ascolto-dei-bambini

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