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Aldo Pallotti

maestro e formatore


Ho sempre cercato di esprimere in modo composto il mio ricordo di Mario.
In diverse occasioni, quando parlavo con lui dei convegni organizzati per ricordare scrittori e pedagogisti scomparsi, esprimeva il suo disappunto per i “monumenti di parole che si costruivano in loro memoria”.
Diceva: “Hanno lasciato scritti, testimonianze, bisogna studiare le loro idee, capirle profondamente, farle veramente nostre e trasformarle in messaggi efficaci e formativi per gli insegnanti, soprattutto per i più giovani. Questo è il modo giusto per ricordarli”.
Io avevo la velata impressione che in quei momenti volesse suggerirmi qualcosa; pensavo che mi stesse dicendo: “Non fate così anche per me”.
Cercherò di seguire queste sue indicazioni, anche se ogni volta in cui mi viene chiesto di parlare di Mario, l’affetto, l’emozione, la riconoscenza sono così intensi, per cui faccio fatica a evitare “i monumenti di parole”.
La scuola di oggi ha sicuramente bisogno di ritrovare il pensiero pedagogico di Mario Lodi. Chi gli vuole bene ha il dovere, direi quasi l’obbligo, di impegnarsi a far sì che le sue idee siano i pilastri su cui costruire una nuova scuola.
Io gli volevo bene e sento intensamente la sua mancanza.
Come uomo di scuola, come Maestro, Mario è qui, presente nella mia libreria con i suoi numerosi testi di saggistica, di storie per bambini e di racconti per adulti. Storicamente ed affettivamente per me sono e sono stati i libri più importanti.
Nel mio studio sono appese alla parete quattro sue incisioni, che mi ricordano ogni giorno sia il suo gusto artistico sia la sua grande generosità nel donare.

Incisioni di Mario Lodi nello studio di Aldo.

Sento però tantissimo la sua mancanza come amico sincero, attento, affettuoso, riservato nell’esprimere i suoi sentimenti, che però manifestava con i fatti.  Mi manca la sua telefonata quasi quotidiana per discutere i progetti della nostra Casa delle Arti e del Gioco, talvolta per chiedermi un parere su ciò che stava scrivendo o relativo agli interventi che gli erano richiesti in prestigiosi convegni…
Io ogni volta, sinceramente, pensavo: “Ma perché chiede a me consigli su ciò che sa fare straordinariamente bene?”.
La risposta, credo, è in una mail in cui mi dice che “siamo amici da un secolo…” e che conclude con “queste sono le parole di un amico di sempre. E che considera gli amici come una famiglia allargata. Ti abbraccio Mario”.

Ripenso all’attenzione con cui ascoltava chi gli rivolgeva domande o gli esponeva le sue idee.
Mi torna così alla memoria uno dei primi ricordi che ho di lui: era il 1978 e, su invito di Gioacchino Maviglia, ho assistito a Piadena a uno spettacolo prodotto dalla Scuola della Creatività, diretta da Mario.
Lo avevo già conosciuto personalmente al corso autogestito organizzato dal Gruppo Autoaggiornamento Permanente dell’Est Milano, di cui io ero uno dei responsabili. E l’avevo incontrato in altre occasioni, alla Libreria dei Ragazzi di Milano e in una riunione della redazione della Biblioteca di Lavoro.
Quella però era la prima volta che andavo a casa sua.

Ricordo che, mentre camminavamo insieme verso il teatro, avevo espresso un parere poco favorevole sul fatto che i libretti della Biblioteca di Lavoro erano stati pubblicati, raggruppati in cinque volumi, da un’importante casa editrice.
Al termine dello spettacolo, Mario mi venne a cercare e mi chiese il perché di quel mio dubbio; la discussione continuò a lungo perché Mario mi rivolse varie domande.  Mi spiegò che voleva capire cosa pensavano i “giovani maestri” della Biblioteca di Lavoro e di quella operazione.
Durante il viaggio di ritorno a casa pensavo stupito a tutte le domande che Mario mi aveva rivolto, manifestando un profondo interesse e una sincera attenzione.
Mi aveva sorpreso quella sua voglia di capire in profondità il mio pensiero.
Quando abbiamo iniziato a collaborare sistematicamente e ci siamo legati con una profonda amicizia, ho sempre sentito questo suo interesse, questa attenzione verso i suoi interlocutori in tutte le occasioni in cui qualcuno parlava con lui.

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Di Mario voglio dire ancora una cosa, a cui tengo molto.
Molti lo ricordano come l’autore di Cipì, Bandiera, Il corvo e Il mistero del cane.  Altri lo ricordano come lo straordinario Maestro che ha raccontato le sue innovative esperienze didattiche attraverso C’è speranza se questo accade al Vho, Il paese sbagliato e Insieme.
Io voglio ricordarlo come un vero intellettuale, con una straordinaria preparazione culturale, artistica e umana, non solo pedagogica, che ha studiato continuamente in modo approfondito la formazione e lo sviluppo delle abilità cognitive e sociali nel bambino attraverso le più importanti teorie della psicologia evolutiva, ma anche i problemi sociali e la loro evoluzione storica,
Nella sua biblioteca c’erano tutti i libri, che presentavano le ricerche pedagogiche del passato e quelle più recenti; quante volte mi ha suggerito libri di pedagogia o di psicologia dell’età infantile appena pubblicati, che lui aveva già letto e analizzato criticamente.
Ecco, lo voglio ricordare non solo come un bravo “artigiano della scuola” o come uno straordinario “maestro del fare”, ma come un grande protagonista della cultura italiana degli ultimi cento anni, un attento studioso dei fenomeni letterari, sociali, storici, politici e umani. Ripeto, un grande intellettuale.

In una mail del 2008 Mario mi ha scritto queste parole:

“Noi, che abbiamo lasciato un segno che dà speranza, dobbiamo passare il testimone, che abbiamo ricevuto alla fine della guerra, alle nuove generazioni.
Forse sta nascendo un nuovo movimento di pionieri, ancora confuso, disorientato, che attende una spinta intelligente da noi.
Ci sono altri gruppi che si muovono e chiedono aiuto a noi…”.

Vorrei avere la forza per fare quello che Mario ha chiesto: essere di aiuto alle giovani maestre e ai giovani maestri che desiderano camminare sulla strada che lui ha tracciato.
Mi fa ben sperare il fatto che sulla copertina del testo Didattica generale di E. Nigris, L.A. Teruggi e F. Zuccoli, in uso nei corsi della Facoltà di Scienze della Formazione primaria dell’Università di Milano Bicocca, sia presente, assieme a quelle della Montessori e di Alberto Manzi, la foto del mio amico Mario.

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