Emanuela Bussolati
autrice di testi e immagini e progettista di libri per l’infanzia
Molti anni fa collaboravo con una casa editrice che stava rapidamente cambiando personalità, dopo essere stata fondamentalmente caratterizzata dalla pubblicazione dei “libri di Maria Pia”, dei grandi classici per ragazzi, dalle “ricerche”, dalle cartoline e dagli albi da colorare: la Piccoli.
Mi chiesero di aprire e curare nuove collane e di acquistare all’estero i libri che mi sembravano più interessanti. Inoltre dovevo seguire il settore parascolastico, appena aperto.
Venivo da esperienze molto interessanti all’estero, soprattutto in Francia. Un paese che aveva già allora aperto ai bambini le biblioteche e che aveva una pedagogia molto interessante, espressa soprattutto nel pensiero della pediatra e psicoanalista Françoise Dolto.
Divoravo con interesse i libri di Mario Lodi, Albino Bernardini, Gioacchino Maviglia, Arno Stern, Célestin Freinet, Alberto Manzi, Gianni Rodari, Bruno Munari, Loris Malaguzzi, figure che pure in campi diversi sentivo affini tra loro e affini con la mia ricerca e le mie convinzioni. Con una psicologa e una terapista occupazionale avevo fondato un centro di psicologia per l’età evolutiva e le mie “antenne” erano dunque ben protese a capire meglio e di più come poteva essere una scuola aperta ai bambini, in ascolto del loro essere, della loro logica, del loro modo di capire e orientarsi.
Ero in perenne caccia di contenuti belli e significativi da trasmettere al mondo bambino e anche al mondo adulto che con i bambini desiderava entrare in relazione.
In questo luogo fertile dell’anima avvenne il mio incontro con Mario Lodi. Non più solo attraverso i suoi bellissimi testi (avevo letto e riletto più volte Il paese sbagliato e C’è speranza se questo accade al Vho) ma anche per portare avanti insieme dei libri che il Maestro aveva proposto proprio alla Piccoli.
Il progetto era molto bello: riuscire a comunicare a insegnanti, educatori, genitori che non ci sono confini tra l’espressione poetica degli adulti e quella dei bambini.
Non potevo che esserne entusiasta.
Mi trovai quindi faccia a faccia con un personaggio tra quelli che ammiravo di più ma prevaleva in me la curiosità per la figura umana e il desiderio di poter assorbire più che possibile la sua visione di persona con una lunga, concreta e profonda esperienza nella scuola, per accompagnarla alla mia di persona ancora giovane e idealista.
Il Maestro era riservato, asciutto, sceglieva le parole e puntava con grande convinzione al suo obiettivo. Gli occhi, azzurrissimi, si raffreddavano se percepiva da parte della casa editrice qualche tentativo di manipolare il suo progetto per renderlo più vendibile. Non era la sua logica. Quello che desiderava fare era testimoniare, rendere evidente qualcosa di cui era profondamente certo: la grandezza della poetica infantile e la radice nell’infanzia della poetica adulta.
Come creatrice e responsabile della collana “Il topo di biblioteca”, premio Andersen, ero l’anello intermedio tra casa editrice e autori.
Ricordo bene quando il Maestro dovette accettare, mediando, che due libri su quattro avessero l’immagine di copertina di un illustratore professionista (io nello specifico, su richiesta dell’editore) e due sole portassero in copertina il disegno di un bambino. Fu un dispiacere per lui ma fu un dispiacere anche per me, pur avendo l’onore di comparire su due suoi libri con una mia immagine. Aveva ragione lui, naturalmente: durante l’infanzia i disegni sono intensi, comunicativi, forti.
Come si poteva fare in modo che la poetica dei bambini e la poetica degli adulti apparissero altrettanto importanti e trasmettessero con uguale forza il loro messaggio?
Lo spiega bene il Maestro nelle pagine che precedono i testi:
“La poesia è come una musica o una bella pittura che ci fa provare sensazioni o sognare o ricordare. In quel momento non ha importanza il nome di chi l’ha creata ma cosa essa dice, come lo esprime, che cosa si prova leggendola. Per questo motivo sotto le poesie non compare il nome degli autori, siano essi bambini o adulti”.
È così. Solo nell’indice, nei quattro libri di Mario Lodi nella collana Topo di biblioteca, quindi solo per chi è davvero curioso di capire chi è l’autore di pensieri tanto belli, sono indicati i nomi dei poeti bambini e i nomi degli adulti poeti.
Solo per chi lo desidera è possibile discernere pagina da pagina, poesia da poesia. Ma sono certa che non è il bisogno di chi ha un sentire poetico.
Manovre militari
Sulla strada
Davanti a casa mia
Passano i carrarmati
Ogni sera
E non mi fanno dormire.
Berlino
La grande guerra è finita
Ho visto ciminiere senza fumo
Ho visto per strada bambini scalzi.
Per me quella collaborazione fu un salutare cammino di uscita dagli stereotipi.
Fu snebbiare ancora di più lo sguardo, imparando la capacità di essere osservatrice esterna, pur rimanendo empatica. Fu una grande lezione di bellezza, di adesione all’intuizione progettuale, di riconoscimento dei talenti.
Mario Lodi veniva alle riunioni puntualissimo, portando con sé la sua grande gentilezza e umanità, rispondendo alle mie curiosità con la giusta lentezza che dava valore sia alle mie domande, sia alle sue risposte.
Mi mostrava a volte i giornalini di cui avevo letto nei suoi libri, a volte i disegni che stava raccogliendo per la sua nuova Casa delle Arti e del Gioco. Sempre con calma, autorevolezza e riflettendo su ogni parola.
Di certo non testimonio una cosa nuova dicendo quanto sapesse trasmettere la sua profonda attenzione verso il mondo dell’infanzia e verso il desiderio di essere per i bambini il compagno che dà la mano lungo il cammino, pronto a scoprire insieme le sorprese che riserva, pronto a fornire la propria esperienza ma anche a non anticipare l’esperienza di chi ha meno anni, attento a riconoscere i semi di forza di ogni individuo bambino per poterli fare sbocciare. Capace soprattutto di trasmettere che la vita ha un senso, sempre, anche nelle difficoltà. Determinato a riconoscere e a far riconoscere anche agli adulti, nelle tante storie di vita, questo senso.
Vero, come sosteneva, che il fare insieme è un grande motore, alimentato dallo scambio di pensieri e anche di silenzi.
Grazie Maestro Lodi!