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Barbara Bertoletti

maestra di scuola primaria


“Nel crepuscolo alcuni colori squillavano ancora sui muri e sugli alberi, poi la sera, con delicatezza cancellò gradualmente i suoni e la quiete della notte avvolse tutto. Allora, luminose, a una a una apparvero le stelle, mentre più buio diventava il cielo senza luna”. Aprile 1998. Tratto da: A TV spenta. Diario del ritorno, di Mario Lodi.

Mi sono sentita esattamente così, quando, il 2 marzo 2014 ci ha lasciato, in silenzio, uno dei maestri che ha fatto grande la storia della scuola italiana.

Mario ha sempre utilizzato le parole giuste per dire le cose nel modo giusto. Bastava una frase, detta o scritta per diffondere un sentimento di chiarezza, di concretezza, di profondità.

Ho conosciuto il maestro nel 2005, grazie al legame tra la sua famiglia e la mia mamma.

Io, dopo la resa alla professione di insegnante, che volevo evitare a tutti i costi e Lui, con la sua accoglienza gentile e paziente pronto ad ascoltarmi. “Raccontami com’è la scuola oggi”, mi diceva nei pomeriggi in cui andavo a trovarlo; “orribile” rispondevo io, al primo anno di ruolo alla scuola primaria, probabilmente rispondendo più con la mia voce bambina che con quella di adulto professionista. Un atteggiamento ribelle il mio, recalcitrante a una scuola brutta di consuetudini polverose e immobili, un comportamento impaziente di smuovere le cose e di aprire alle novità.

Che poi novità non erano proprio, le novità le avevo davanti, in quello sguardo azzurro, bellissimo che ho imparato ad amare da subito ed in quella voce pacata, che raccontava verità connotate da una forza travolgente.

Lo ascoltavo: molto spesso, per spiegarmi i meccanismi dell’apprendimento, in una sorta di prezioso manuale di istruzioni per l’uso, Mario mi raccontava i bambini dall’inizio e la sua frase era questa: “Il bambino, fin nella culla…” e mi accompagnava nel mondo delle scoperte meravigliose della crescita, che fanno di ogni bambina e bambino un essere competente, fin dalla nascita e indipendentemente dalla scuola. Di come proprio questa scuola abbia il dovere di “partire dal bambino” e di come le energie vitali e giocose possano e debbano essere trasformate in conoscenza, scoperta e amore per il sapere. Le mie intuizioni, il mio entusiasmo trovavano in quelle parole la valenza scientifica di uno “studioso della crescita” come lui è stato, in modo così peculiare, dentro e con l’infanzia. I suoi libri hanno sempre disegnato una realtà vera e vissuta, uno sguardo sull’infanzia preciso e rispettoso, addentro a un momento storico e a un contesto sociale così fedele al sentire dei bambini e delle bambine da farne un manifesto universale.

Accade al Vho. La speranza può nascere ogni giorno in un paese, anche se sbagliato; è così che Mario mi diceva nei momenti di scoramento: “Non sei sola, ci sono tanti maestri e maestre con cui rimanere in contatto, scambiare esperienze, fare formazione e far circolare le idee buone, è come tendere una mano e trovarne cento che ti cercano”.

È con queste parole che è iniziato il mio cammino di immensa fortuna accanto a lui, nella sua Casa delle Arti, con Cosetta, Fiorella, Rossella e i soci, le socie dell’associazione, le ragazze e i ragazzi del gruppo operativo. Ho imparato moltissimo: attraverso il privilegio di ascoltare la voce di Mario, ho bevuto ogni parola, capito ogni passaggio, tradotto ogni frase nel fare scuola, guardare i bambini e le bambine, capire la crescita e seguirne la meraviglia.

Ho potuto imparare i valori e i passaggi che hanno permesso a lui e tante altre maestre e maestri la costruzione della scuola nuova ispirata ai principi democratici della Costituzione.

Ho avuto la possibilità di approfondire attraverso la sua testimonianza diretta e osservandolo nei laboratori alla Casa le tecniche didattiche come la stampa del giornalino, la conversazione in forma assembleare, l’economia del quotidiano che insegna la matematica, lo studio e la ricerca nel campo dell’espressività spontanea dei bambini, dell’arte e del disegno, della musica, dell’espressione corporea che sono stati i fondamenti di questa scuola democratica da lui praticata.

Il nostro presidente della Repubblica lo ha definito “Costruttore di cultura” in un telegramma alla famiglia in occasione dell’ultimo saluto.

Come un cielo senza luna, mi appare il buio che avvolge la scuola italiana senza di lui, una scuola che il maestro ha tanto amato.

Con un amore incondizionato non ha mai criticato gratuitamente tutti gli ostacoli in cui è incappata; anche di fronte alle incursioni meno felici della politica, alle riforme incomprensibili, alle testimonianze negative di una pratica didattica lontanissima dal suo pensiero, Mario Lodi ha accolto tutto e tutti con un messaggio di speranza, di cambiamento, di costruzione, ascoltando, raccontando, rispondendo a tutte le domande che tanti docenti gli hanno posto durante la sua carriera di insegnante prima e di pedagogista in seguito.

I suoi alunni ricordano un maestro che non era mai seduto in cattedra ma in mezzo a loro sulle seggioline dei bambini. In classe un bancone da falegname perché chi non sapeva esprimersi con le parole potesse farlo attraverso l’intaglio del legno.

Poteva arrivare ogni giorno una scoperta straordinaria: dai colori in polvere incartati dimenticati dal muratore, ai racconti delle avventure vissute tra i fossi e i campi, agli incontri con i tanti “maestri del territorio” che entravano nella scuola di S. Giovanni in Croce e di Vho.

Poteva essere l’esperto di fauna locale a raccontare gli amori delle rane, il fabbro a spiegare il suo lavoro, l’agricoltore ad illustrare l’economia dei campi. La normalità del quotidiano dei paesi di campagna e dei suoi alunni che prendevano valore e dignità.

Tutto rientrava nella scuola di Mario Lodi, trasformandosi in sapere e cultura profonda, “a partire dal bambino”.

Dallo sguardo di un bambino che oltrepassa i vetri dell’aula è nata la storia di quel passerotto che tutti noi abbiamo amato, Cipì: un gatto, una margherita-poeta, le farfalle, il sole, le nuvole, la pioggia, la natura tutta e il ciclo delle stagioni, per gli uomini e gli animali.

Attraverso il legame tra fantasia e realtà è scaturita l’avventura de La Mongolfiera, viaggio straordinario di un gruppo di bambini e del loro maestro intorno al mondo.

L’immagine più bella per me rimane quella raccontata da Vittorio de Seta nel suo documentario: il maestro Mario in bicicletta in una giornata di nebbia mentre va a scuola percorrendo le stesse strade.

La mattina, quando anche io attraverso la nebbia per andare a scuola, mi sorprendo a pensare con un sorriso alla sua voce che racconta: mette tutte le cose al loro posto, spiega con chiarezza, ascolta con indulgenza e pazienza. Con questo pensiero mi sento pronta, posso andare a scuola, anche con “la nebbia tanta” come ha scritto una delle sue bimbe.

Grazie maestro.

Barbara alla Casa delle Arti e del Gioco con Mario Lodi.
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