Daniela Russo,
docente scuola secondaria di primo grado Istituto Donna Lelia Caetani – Sermoneta (LT)
“Per me la scrittura collettiva è una cosa bellissima, tu inizi a scrivere una tua lettera, un tuo testo, che poi va a mischiarsi con le lettere degli altri e delle altre. Tu scrivi una cosa ma poi capisci che la frase che ha scritto l’altra persona è più fantasiosa e allora si sceglie quella. Anche se ovviamente tutti i testi sono belli ed hanno un particolare che li rende ancora più belli. L’insieme di quei particolari forma uno scritto collettivo”.
Queste sono le parole che Martina, 12 anni, alunna della 2^D della scuola secondaria di I grado dell’istituto “Donna Lelia Caetani” di Sermoneta, plesso di Doganella, usa per rispondere a una delle domande per l’autovalutazione, al termine di un’attività iniziata a novembre 2020.
La 2a D è una delle classi più “toste” da gestire per numerose situazioni di difficoltà scolastiche e di disagio sociale, familiare e culturale. Proporre una didattica attiva diventa subito una necessità (valida in ogni contesto, sia chiaro, ma ancora di più in questo) che dà ben presto i suoi frutti. Nelle nostre nove ore di italiano e storia i tempi sono distesi: da subito ci organizziamo per un’ora di biblioteca, momento speciale in cui ognuno/a di noi legge il proprio libro e si ritaglia poi dei momenti per condividere pareri, brani, spunti tratti da quello che leggiamo. La storia diventa una materia da interrogare per capire il presente, così come in antologia scriviamo, in DaD, “I racconti di Tenasermo” (I racconti di Tenasermo). L’attività che veramente ci dà ampio respiro e ci fa toccare con mano la didattica attiva è quella della scrittura collettiva. Nelle mie consuete ricerche e formazioni, mi sono imbattuta nel libro “L’arte dello scrivere. Incontro tra Mario Lodi e don Lorenzo Milani”, edito nel 2017, vero e proprio testo filologico. Mi innamoro delle lettere scambiate tra i ragazzi e le ragazze di Barbiana e la classe di Mario Lodi e delle modalità di lavoro descritte. Condivido con le alunne e gli alunni di 2a D questa passione e in concomitanza nasce quasi per caso la collaborazione con una carissima collega che insegna nell’istituto “Manziana” di Roma Nord, con la quale decidiamo, complice la pandemia, di avviare un carteggio tra la mia classe e la sua 2a F. A novembre 2020 riceviamo la prima lettera a cui decidiamo di rispondere seguendo quanto avevo studiato dello scambio tra i ragazzi di Barbiana e quelli di Vho.
Ci mettiamo un paio di settimane e sono settimane in cui, nelle mie ore, ci scordiamo moltissime cose: da dove veniamo, che voto prendiamo in grammatica, quanto siamo timidi/e. Alcuni scordano che non amano scrivere di solito, altre imparano che non passa sempre la propria proposta perché a volte è necessario cedere. È un tempo sospeso e scolastico allo stesso tempo, un “tempo bellissimo”, per dirla con Fossati.
Finalmente la nostra lettera è pronta e viene inviata. Successivamente lo scambio epistolare è diventato di coppia, modalità concordata con entrambe le classi che, ancora oggi, va avanti. La curiosità è arrivata alle stelle e, non potendoci incontrare dal vivo, io e la mia collega ci siamo organizzate in altro modo. Ma questa è un’altra, bellissima, storia. Questo momento educativo oltre ad essere stato emotivamente significativo e partecipato, ha avuto dirette conseguenze sulle prestazioni didattiche: al canonico tema in classe nessun/a alunno/a ha ottenuto una valutazione insufficiente e durante la valutazione condivisa tutti e tutte hanno indicato la scrittura collettiva come una delle attività più utili.
Concludo con le parole di due grandi maestri. Mario Lodi affermava che “la scrittura collettiva abitua all’ascolto, al rispetto delle opinioni altrui, a riconoscere vicendevolmente i valori e le capacità nascoste in ciascuno, a ridimensionare se stessi, a saper riconoscere che la propria opinione non sempre è la più giusta, a cercare non l’affermazione personale, ma l’interesse di tutti”. A questo non posso che collegare le parole di Franco Lorenzoni, secondo cui per educare gli alunni e le alunne alla democrazia è necessario farli vivere in un contesto democratico perché “la democrazia non si insegna, si sperimenta”. La 2^D, nel suo piccolo, ne è testimone.