BIBLIOTECA DI LAVORO (BL)

Periodico a cura del gruppo sperimentale coordinato da Mario Lodi
Editore Luciano Manzuoli, Firenze
Direttore responsabile Giampaolo Taurini
Stampa Nuova Grafica Fiorentina

Una riunione del gruppo redazionale della BL a Piadena. Da sinistra: Fiorenzo Alfieri, Francesca Colombo, Palmira Maccarini, Alberto Gianola, Mario Lodi, Caterina Foschi Pini, Gioacchino Maviglia, Luciano Manzuoli e Angelica Gianola.

Gruppo redazionale

Mario Lodi, insegnante di scuola elementare e scrittore
Fiorenzo Alfieri, insegnante di scuola elementare, dirigente scolastico, assessore Comune di Torino
Francesca Colombo, consulente editoriale
Tullio De Mauro, linguista, docente di Filosofia del linguaggio, Università la Sapienza di Roma
Caterina Foschi Pini, insegnante di scuola elementare
Angelica e Alberto Gianola, insegnanti di scuola media del Canton Ticino
Palmira Maccarini, insegnante di scuola elementare
Luciano Manzuoli, libraio editore
Gioacchino Maviglia, insegnante di scuola elementare
Francesco Tonucci, pedagogista, Istituto di Psicologia del CNR di Roma

Grafica e impaginazione

Dal 1971 al 1978 (I serie e II serie fino al n. 83)
Ivo Sedazzari, grafico e designer
Dal 1978 al 1979 (II serie dal n. 84 al n. 106)
Roberto Lanterio, grafico editoriale


ALCUNI DATI NUMERICI

La Biblioteca di Lavoro è formata da 107 volumetti quasi quadrati (17×19 cm), editi dal 1971 al 1979.
I numeri-catalogo che compaiono sulla copertina, in totale, sono invece 129 (23 della prima serie + 106 della seconda serie in abbonamento), questo perché ogni numero-catalogo corrisponde a sedici pagine e alcuni libretti hanno 32 pagine e quindi numerazione doppia. (Uno ha 48 pagine e numerazione tripla).

Prima serie
1971 – 13 numeri-catalogo: 1-13
1972 – 10 numeri-catalogo: 14-23

Seconda serie in abbonamento semestrale
1973 – 16 numeri-catalogo: 1-16   Anno I
1974 – 15 numeri-catalogo: 17-31   Anno II
1975 – 15 numeri-catalogo: 32-46   Anno III classificato IV (per errore tipografico)
1976 – 15 numeri-catalogo: 47-61   Anno V
1977 – 15 numeri-catalogo: 62-76   Anno VI
1978 – 15 numeri-catalogo: 77-91   Anno VII
1979 – 15 numeri-catalogo: 92-106   Anno VIII

Notiziari
La seconda serie in abbonamento è accompagnata da Notiziari semestrali contenenti ciascuno:
– un’introduzione di Mario Lodi, più o meno ampia, che inserisce la BL in una visione pedagogica complessiva
– l’elenco dei volumetti pubblicati, o in via di pubblicazione, con una breve sintesi del loro contenuto
– le indicazioni su come rifiutare l’adozione dei libri di testo.

LA BIBLIOTECA DI LAVORO PER UNA NUOVA SCUOLA

di Mario Lodi
(dal Notiziario n. 1, I semestre 1973)

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LA BIBLIOTECA DI LAVORO: COME E PERCHÉ

di Mario Lodi
(dal notiziario n. 4, I semestre 1975)

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La Biblioteca di Lavoro (BL)

di Palmira Maccarini, componente del gruppo redazionale

La partecipazione al gruppo redazionale della Biblioteca di Lavoro

Ho conosciuto Mario Lodi a diciotto anni, preparando il concorso magistrale. Era il ’68 e noi, giovani insegnanti, respiravamo la voglia di migliorare la scuola con la fiducia di poterlo fare ed eravamo alla ricerca di nuove pratiche educative. Per l’orale di metodologia e didattica avevo scelto, e letto, appassionandomi, il primo diario didattico di Lodi, C’è speranza se questo accade al Vho, ed ero andata a Piadena per conoscere di persona questo maestro innovatore che in quell’anno scolastico (’68-’69) stava concludendo la quinta con i ragazzi di cui avrebbe parlato nel libro Il Paese sbagliato. Sarei poi tornata molte altre volte in quella casa, accolta quasi come in famiglia da Fiorella, l’ospitalissima moglie di Mario.
Nell’ottobre del ’69 ero già in classe.
Nell’estate del ’70 e poi del ’71, stava concretizzandosi la messa a punto dei primi libretti della Biblioteca di Lavoro e, quando Mario mi ha chiesto se volevo partecipare a questa iniziativa, naturalmente ho subito accettato.

Il gruppo redazionale

Mi sono trovata, così, giovanissima, a collaborare con insegnanti molto più esperti di me. Straordinaria palestra.
Il gruppo redazionale era formato da Mario Lodi, Gioacchino Maviglia, Caterina Foschi Pini, Fiorenzo Alfieri e da me, tutti insegnanti elementari iscritti al Movimento di Cooperazione Educativa, da Angelica e Alberto Gianola insegnanti svizzeri di scuola media, da Francesco Tonucci (ex insegnante) ricercatore del CNR, da Francesca Colombo (ex insegnante) consulente editoriale. Più avanti avremmo fruito, per la serie di volumetti Parlare in Italia, purtroppo non conclusa, dell’importante partecipazione di Tullio De Mauro, linguista e docente universitario.
In questo gruppo compatto, solo i grafici che curavano l’impaginazione -Ivo Sedazzari e poi Roberto Lanterio- e il nostro entusiasta editore, Luciano Manzuoli, non avevano una diretta esperienza di insegnamento.
Il fulcro di tutto era Mario: suo era il progetto della BL Manzuoli, suo il lavoro di coordinamento.
I passaggi erano molti, non sempre identici per tutti i libretti.
Schematicamente: raccolta delle idee, scelta delle proposte, riscrittura adattata per un volumetto di 16/32 pagine (talvolta dopo sbobinatura), vari passaggi di controllo con l’autore e con la redazione, raccolta delle foto/disegni dei ragazzi o affidamento a un illustratore, impaginazione, correzione della prima bozza.
Mario dopo Il paese sbagliato era diventato famoso e riceveva molto materiale, altro lo sollecitava da noi o da persone che stavano facendo esperienze interessanti, alcune Guide riprendevano i suoi lavori in classe.
Nelle riunioni periodiche del gruppo redazionale (due/tre l’anno) in località diverse (Piadena, Firenze, Fiesole, Inverigo, Cervara, Milano, Torino, Lugano…) vicine ora all’uno, ora all’altro dei collaboratori, si esaminavano tutte le proposte, si sceglievano i nuovi fascicoli su cui lavorare, si controllavano quelli quasi pronti e quelli appena avviati.
Ognuno di noi seguiva poi uno o più titoli, sempre coordinandosi con Mario. Le fotocopie allora erano costose e scure e spesso Mario doveva battere a macchina una prima stesura. Lo faceva in più copie, su veline separate da carta ricalcante e mandava questa prima riscrittura all’autore e a chi di noi doveva seguire il fascicolo.
Tagli, correzioni, integrazioni, suggerimenti ritornavano tra le mani di Mario. Il testo definitivo passava all’illustratore oppure, se era già corredato da foto e disegni, direttamente all’impaginazione.
La bozza di una prima stampa veniva attentamente corretta da Mario, dall’autore e da chi aveva seguito l’iter del libretto.
Naturalmente, in questi passaggi tecnici ognuno di noi metteva, la sua esperienza di insegnante, la sua conoscenza dei ragazzi, la sua sensibilità ai temi di attualità, la sua cultura educativa, i suoi valori pedagogici e civici per una scuola che non bocciava, una scuola che metteva il bambino al centro, una scuola attiva, una scuola che valorizzava la cooperazione, una scuola che non spegneva la creatività, una scuola democratica, una scuola che formava il pensiero critico.

Quattro ricordi personali di Mario Lodi

Di Mario Lodi hanno scritto in molti, della sua partecipazione al Movimento di Cooperazione Educativa che in quegli anni stava rielaborando le tecniche Freinet a misura dell’Italia, del suo impegno politico, pedagogico, letterario, editoriale.
Io mi limito a quattro ricordi personali.
Mi ha sempre colpito la spiccata vena artistica -sia letteraria che pittorica- di Mario. Secondo me, tra i suoi libri, quelli che “arrivano” di più al lettore sono proprio i diari scolastici, C’è speranza se questo accade al Vho e Il paese sbagliato, dove l’esperienza con i bambini è comunicata con quella narrazione a presa diretta che lui sapeva fare così bene. Un classico intramontabile della letteratura infantile, poi, è il bellissimo Cipì.
Mario sapeva anche dipingere e, proprio grazie alla sua sensibilità artistica, riusciva a cogliere e a valorizzare gli spunti creativi dei ragazzi. Non per niente i pannelli e le pitture della sua classe fanno parte della Mostra “L’arte nel bambino” da lui curata per la Casa delle Arti e del Gioco.
Secondo ricordo: il suo impegno. Mario lavorava tantissimo, lavorava sempre, senza riposo, mattina pomeriggio, notte, prima di cena, dopo cena, in treno, in vacanza.
Negli anni in cui prendeva vita la Biblioteca di Lavoro, scriveva articoli e pubblicazioni ed era impegnato in Comune, in numerosi dibattiti e conferenze e soprattutto a scuola. La sua classe produceva una pagina quotidiana (due facciate) del giornalino Insieme. Voleva dire che, oltre all’attività didattica, nel pomeriggio Mario doveva sbobinare le conversazioni registrate su nastro, batterle a macchina su matrice con le ricerche, le poesie, i testi, ecc… scelti in classe. Riportare il tutto a scuola perché i bambini potessero ripassare i disegni con lo stilo, ciclostilare, portare i fogli stampati in edicola. Tutti i giorni.
Terzo ricordo: era apertissimo alle novità. Una nuova idea lo appassionava e lo incuriosiva subito. Si entusiasmava e la faceva sua. Nella BL ci sono spunti e percorsi che vanno in tutte le direzioni e, infatti, gli autori della BL e schedario sono un centinaio.
Ultimo ricordo: Mario Lodi e Bruno Ciari. Entrambi attivi nel Movimento di Cooperazione Educativa, Mario e Bruno erano amici da tempo. Nel libro Il Paese sbagliato si legge che nel 1964 insegnavano tutti e due in una prima elementare, che le loro classi erano in corrispondenza interscolastica e che si scambiavano i nastri registrati.
Nell’estate del ’70 mi ricordo che ero in treno con Mario, forse verso Firenze per la BL. Lui, seduto di fronte a me, mi dice: “E’ morto Bruno Ciari. Era andato al mare. Aveva un neo cui non aveva dato importanza. Il neo si è allargato e incattivito in pochissimo tempo e quando ne ha capito la gravità non c’è stato più niente da fare.”  Mario era stravolto, annichilito, come se lo avessero bastonato. Non l’ho mai più visto così. Bruno Ciari aveva 47 anni, Mario 48.
Una precisazione. Mario non mi ha mai detto: “Io e Bruno stavamo lavorando insieme alla Biblioteca di Lavoro” Certo Bruno aveva partecipato all’elaborazione di questa idea e aveva auspicato la nascita di una Biblioteca di Lavoro su modello di quella francese di Freinet, ma adatta all’Italia. Lo si può leggere nel suo Le nuove tecniche didattiche e in altri articoli e interventi. Sicuramente sarebbe stato d’accordo con l’iniziativa e sarebbe stato un collaboratore eccezionale, ma alla messa a punto concreta della BL edita da Manzuoli purtroppo non ha mai lavorato. Questo mio ricordo trova conferma in questo fatto: se Mario e Bruno avessero progettato insieme la BL, ci sarebbero dovuti essere uno, due tre titoli di Bruno Ciari. Invece non ci sono, né nella prima, né nella seconda annata. (Nel ’74 esce Ahur, ma riprende un lavoro fatto a scuola da Ciari nel ’63).
Mi chiedo: se ci fosse stato un solo progetto di Ciari, anche solo abbozzato, Mario non l’avrebbe sviluppato in un volumetto col nome di Bruno, amico e importante esponente del MCE?

La Biblioteca di Lavoro

La Biblioteca di Lavoro era costituita da un centinaio di fascicoli snelli, sintetici, illustrati, scritti con un linguaggio piano perché dovevano poter essere letti anche dai ragazzi, da soli o guidati dall’insegnante. Era la biblioteca che, insieme a molti altri libri e materiali, poteva essere utilizzata nella concreta attività in classe da chi non adottava il libro di testo e da chi, pur adottandolo, (era molto complesso non farlo se non si insegnava in un plesso con numerosi iscritti MCE), si rifiutava, però, di lavorare con un solo testo, da seguire pagina dopo pagina, simbolo di un metodo trasmissivo, di una scuola che non attivava i ragazzi nella costruzione del sapere.
Cercavamo di pubblicare libretti che fossero strumenti operativi. Prendiamo ad esempio il testo libero. Un insegnante poteva leggere le sue implicazioni pedagogiche in Le nuove tecniche didattiche e conoscere come nasceva e come era valorizzato nel Il Paese sbagliato, ma poi doveva lavorare concretamente in classe. In questi opuscoli trovava indicazioni puntuali su come svilupparlo in un lavoro collettivo e trasformarlo in un piccolo libro (Come nasce una storia) o in una poesia (Mare mi piaci) o in una ricerca sulla vita dei bambini (Chi siamo). Il messaggio implicito era: noi abbiamo sperimentato queste attività in classe. Funzionano. Se vuoi, puoi utilizzarle come tracce di lavoro.
La BL era strutturata in Letture, Guide e Documenti: un quadratino nero in copertina precisava il genere del fascicolo. Questa suddivisione, però, ci “andava stretta” perché spesso, anche se non sempre, era difficile classificare un titolo in una sola di queste categorie. Alcuni esempi. Nonno Agostino era sì un Documento perché raccoglieva alcuni ricordi di un lucidissimo anziano, ma era anche una Guida perché, in quarta di copertina, aveva sintetiche e puntuali indicazioni su come raccogliere le interviste alle persone. Già in prima pagina la foto di Agostino che parlava al microfono tenuto da una mano infantile era un suggerimento operativo.
Come nasce una storia, classificata come Guida, era anche una drammatica lettura sulla morte del germano Smeraldo e della sua compagna. Anche La storia più bella, racconto della nascita del bambino, era nello stesso tempo Lettura e Documento.
Nel Notiziario n. 2 è riportata la doppia o tripla classificazione dei fascicoli, ma nei successivi Notiziari non è più stata utilizzata per semplificare la lettura dell’elenco generale. Il lettore avrebbe scelto comunque l’utilizzo che gli serviva.

I filoni

Per dare un’idea generale della BL, cerco di individuare alcuni dei filoni principali che si andavano via via delineando e che la caratterizzavano, ognuno comprendente letture, guide e documenti.
Centrale era il gruppo di fascicoli che trattavano la VITA DEI BAMBINI: indagini su giochi, paure, amicizia, famiglia ieri e oggi, evoluzione del disegno, nascita, spazio-gioco rubato, molte letture…
Un altro importante filone era quello delle GUIDE ALL’ APPLICAZIONE CONCRETA DELLA TECNICHE DEL MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA: valorizzazione del testo libero, cooperative a scuola, corrispondenza interscolastica, mangiare insieme, vivere una vacanza insieme, ricerca d’ambiente, ricerca socio-storica…
Questi opuscoli suggerivano interviste, questionari, formulazione di ipotesi, raccolta dati, tabulazione, grafici… Avevano alta probabilità di essere spendibili in classe perché erano frutto di un’esperienza reale (non solo pensata a tavolino), semplificata e strutturata in una guida.
In definitiva erano la concretizzazione della cooperazione educativa: insegnanti che si scambiavano esperienze di lavoro.
Un terzo gruppo di titoli potrebbe esser denominato RINNOVAMENTO DEI CONTENUTI CULTURALI, contenuti che allora non erano presenti nei libri di testo tradizionali. Includo in questo filone anche le sintetiche biografie di personaggi, noti o sconosciuti, che avevano partecipato alle lotte dei lavoratori da Garcia Lorca a Brecht da Majakovskij a Di Vittorio, dalle donne della filanda all’Adelaide dei canti popolari, dal poeta ergastolano all’antifascista…
La critica che viene fatta a questo gruppo di volumetti e ad alcune letture è che “sono di parte” oppure che molti altri autori sono stati trascurati.
Certamente erano contenuti culturali alternativi (e per esser alternativi dovevano essere “orientati da un’altra parte”). Erano gli anni del dopo ’68, eravamo figli del nostro tempo, iscritti al MCE e c’era la volontà e lo sforzo di costruire contenuti diversi da quelli della cultura ufficiale, sbilanciata, presente nei libri di testo tradizionali.
Il libretto di Angelica Gianola Uno come noi sulla disabilità è del 1976. La legge 117 che sancisce il diritto dell’istruzione dei portatori di handicap nelle classi comuni è del 1977. La donna è del 72, In carcere del ’74. Molti di quei temi sembrano, almeno ora, condivisi da tutti.
Un quarto filone comprende i fascicoli che parlano del PATRIMONIO DELLA CULTURA POPOLARE E CONTADINA E DELLE PRIME INDUSTRIE, cultura da cui noi provenivamo, di pochi anni alle nostre spalle, in cui sia noi che i ragazzi avevamo le nostre radici, cultura spesso sottovalutata proprio da chi la viveva ancora, ricca di tradizioni e di memorie che andavano capite e documentate.
Appartengono a questo filone I canti del popolo, il Progetto di un museo contadino, Il pane, Il lino, Vecchi a Cervara, La filanda, Nonno Agostino…
Accenno anche alla serie NOI E GLI ANIMALI, volumetti dal taglio etologico, con ampie descrizioni del comportamento animale: Nel fosso, Il ramarro, Avventure con Mara, Il rospo, Sotto un sasso.
Purtroppo non completato è il progetto PARLARE IN ITALIA di De Mauro con solo quattro titoli: Dialetti e lingua, Prima dell’ABC, Dialetto e altre lingue, Parole per giocare.

Le difficoltà economiche

Senza l’appoggio dei mezzi e della distribuzione di una grande casa editrice, la BL ha sempre dovuto fare i conti con problemi economici. Un esempio. I tredici libretti iniziali sono stampati in bianco, nero e un colore. Ivo Sedazzari, il primo illustratore e impaginatore, ideatore della nostra copertina, sapeva sfruttare benissimo quell’unico colore e, infatti, i primi numeri sono esteticamente belli. Dal 1973, quando la BL diventa un periodico, tutti i fascicoli, tranne rare eccezioni, sono stampati in bianco e nero. Scelta economica obbligata e penalizzante in generale, molto penalizzante per alcuni volumetti. (Lo zoo, Picasso, Disegno la mia storia, Le carte logiche…)
Nel 1979, dopo nove anni, Luciano Manzuoli, il nostro coraggioso, positivo, sorridente libraio-editore, che aveva investito in questa iniziativa il suo capitale non può più sopportare lo sforzo finanziario; nel gruppo redazionale si sente una certa stanchezza per l’impegno, obbligato dalla vendita in abbonamento, di produrre quindici numeri annuali; alcuni titoli presentano esperienze bellissime, ma di “nicchia” difficilmente utilizzabili da una grande platea di insegnanti; la concorrenza si è fatta forte; gli abbonamenti non sono sufficienti a coprire le spese. La BL chiude.
Se avessimo avuto alle spalle una grande casa editrice molti titoli avrebbero potuto vedere una nuova edizione perché numerose idee di lavoro, tecniche base, contenuti nuovi, letture, spunti di approfondimento rimangono validi e fruibili ancora oggi. Comunque, molte proposte della Biblioteca di Lavoro sono diventate patrimonio condiviso.

Calvisano, 10 luglio 2023
    

COPERTINE SERIE I

1971 e 1972

COPERTINE SERIE II

1973

La mia Biblioteca di Lavoro

di Francesco Tonucci

La Biblioteca di Lavoro (BL) non era mia, se di qualcuno doveva essere era di Mario Lodi (lui avrebbe detto di no), ma io qui voglio raccontare brevemente quello che la BL è stata per me. In quel periodo, negli anni ’70, all’inizio della mia vita professionale, ho avuto due importanti esperienze editoriali che mi hanno regalato molto e mi hanno fatto crescere molto. La prima fu la partecipazione come disegnatore, vignettista, alla redazione di “Riforma” della Scuola”, rivista pedagogica della sinistra diretta allora da Lucio Lombardo Radice, Mario Alighiero Manacorda e Francesco Zappa e poi da Carlo Bernardini, Tullio De Mauro. Per poter realizzare le mie vignette che per più di dieci anni hanno commentato gli articoli di “Riforma della Scuola”, avevo chiesto di partecipare alle riunioni di redazione. Ascoltando le proposte, le discussioni spesso accese, sui vari temi, buttavo giù degli schizzi che alla fine della riunione presentavo e, se approvati, realizzavo poi con calma a casa. Intorno a quel tavolo si incontrava la pedagogia e la politica educativa più significativa di quel periodo e io, giovane ricercatore del CNR, consideravo quella opportunità una grande opportunità.

La seconda grande esperienza fu la Biblioteca di Lavoro. Molto diversa dalla prima, in qualche modo più intensa perché mi chiamava con un ruolo di maggiore protagonismo, prima come redattore e poi anche come autore di vari libretti. Nel 1967 avevo letto Lettera ad una professoressa della Scuola di Barbiana e mi aveva cambiato la vita, facendo crollare le mie sicurezze sulla scuola buona ma anche giusta, capace di insegnare ma anche di valutare e giudicare. Avevo cercato subito quel maestro strano e radicale, ma don Milani era morto qualche mese prima. Nel 1970 lessi Il paese sbagliato di Mario Lodi, era diverso ma per molti aspetti simile (i grandi maestri sono tutti diversi ma si assomigliano molto) e questa volta scrissi subito all’autore ed iniziò un grande amicizia con Mario che continuò fino ai suoi ultimi giorni e continua ancora oggi con la sua famiglia. Dopo qualche anno, Mario mi invitò a partecipare alla redazione della Biblioteca di Lavoro. La redazione era formata da un gruppo di insegnanti legati al Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) che si ispira alla pedagogia di Cèlestin Freinet, che tre o quattro volte all’anno o forse più si riunivano a Firenze o a Piadena o in altre sedi, per costruire insieme, con un lungo lavoro artigiano, i libretti della BL. Erano Fiorenzo Alfieri, Francesca Colombo, Caterina Foschi Pini, Angelica e Alberto Gianola del Canton Ticino, Palmira Maccarini e Gioacchino Maviglia. Qualche volta partecipava Tullio De Mauro; Luciano Manzuoli l’editore e Mario Lodi il coordinatore. Le riunioni erano sempre di sabato e domenica perché quelli erano insegnanti che non perdevano nemmeno un giorno di scuola. Quando si andava a Firenze si andava nella libreria di Manzuoli, a Piadena a casa di Lodi. In questi casi io andavo in treno a Firenze e di lì si proseguiva con Luciano Manzuoli in macchina. Questi viaggi in macchina con Luciano erano già loro, per me, un grande regalo. Andava piano con la sua Mercedes e quindi i viaggi erano lunghi e c’era tempo di raccontarmi tante cose di politica, di storia, della lotta partigiana, della scuola italiana. Erano per me ore di scuola, di una scuola piacevole, interessante. Quello che credo sia importante ricordare qui è perché e come è nata la Biblioteca di Lavoro italiana, Dico italiana perché la Biblioteca di Lavoro nasce in Francia come Bibliothèque de Travail (BT) nelle proposte Freinet. E Freinet la propone come alternativa del libro di testo unico, come raccolta in piccoli testi delle tradizioni popolari, delle storie locali, delle tecniche artigianali. Insomma una biblioteca vicina alle scuole e che doveva promuovere attività simili di ricerca e di redazione nelle scuole stesse, specialmente nelle piccole scuole di campagna o di montagna. Il Metodo Naturale di Freinet dopo la seconda guerra mondiale si diffuse in Europa formando la Fimem (Fédération Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne). Quando un Paese aderiva al movimento traduceva le opere di Freint, adottava le sue proposte didattiche (la tipografia a scuola, il limografo e altri materiali). Fra i materiali che Freinet chiedeva che venissero tradotti c’era anche la BT. Quando nel 1951 l’Italia entra nella Fimem porta in Italia libri e materiali di Freinet ma si rifiuta di tradurre la BT sostenendo, mi sembra in modo inattaccabile, che se doveva rappresentare una cultura locale, popolare, non poteva essere la traduzione di quella francese. Questo, mi raccontava Luciano, guastò i rapporti con Freinet che poi trovarono altri motivi di disaccordo, anche se lo scambio fra i nostri fondatori (fra cui Pino Tamagnini e Bruno Ciari) e la Francia continuò. Così si arriva al 1970, alla morte di Bruno Ciari. Ai suoi funerali erano presenti due suoi grandi amici, Luciano Manzuoli e Mario Lodi. Uscendo dal cimitero di Certaldo Manzuoli propone a Lodi di iniziare una Biblioteca di Lavoro italiana assumendo lui il ruolo di editore e Mario quello di direttore. Nel 1971 la BL inizia le sue pubblicazioni con i primi tredici libretti.

Arrivati a Piadena si lavorava tutto il pomeriggio e la mattina della domenica e si rientrava a casa nel pomeriggio. Come dicevo il lavoro di redazione era attento, puntiglioso. Ogni testo veniva letto a casa e poi discusso punto per punto insieme, a volte si sospendeva il giudizio, a volte si proponevano cambiamenti che poi si comunicavano agli autori, a volte si cestinavano le proposte. Era un esame severo. Tutto doveva essere convincente per avere l’Ok si stampi! Ricordo che un mio libretto attese tre riunioni di redazione prima di essere approvato.

La motivazione di questa collana di libretti nasceva, come nella proposta originale francese, da una critica del libro di testo unico, pubblicato da case editrici a livello nazionale, che l’insegnante adottava e che diventava la guida del lavoro della classe per l’anno scolastico. Un libro che non sapeva niente e non diceva niente della cultura del luogo dove sorgeva la scuola, delle sue tradizioni locali, della sua storia, del suo artigianato, della sua cucina, della sua arte. Quindi una collana di piccoli libri su argomenti diversi legati alle tradizioni popolari, alla storia locale, alle esperienze scolastiche sperimentali, ai racconti dei nonni, agli animali, all’ambiente. L’idea di fondo era che ogni libretto potesse suggerire ad un insegnante la possibilità di realizzarne altri nella sua scuola, nel suo contesto socio-culturale. Come dicevo ognuno di noi redattori proponeva temi e autori, seguiva la produzione di un testo. Poi il testo veniva discusso, analizzato, corretto collettivamente fino alla sua forma definitiva. Dopo qualche tempo anche io ho trovato il coraggio di proporre dei testi miei che sono stati severamente esaminati, criticati, migliorati fino ad arrivare alla pubblicazione. Dei vari libretti per i quali ho lavorato come autore o come disegnatore voglio accennare a due soltanto ai quali sono particolarmente legato. Uno è intitolato Vecchi a Cervara, sono 15 foto di anziani di questo paesino dell’alta Lunigiana che allora avevano più di 70 anni e 15 ricordi della loro infanzia e giovinezza. La testimonianza di come si viveva, si lavorava, si cucinava e si giocava prima della guerra in un paese di montagna che aveva nelle castagne l’alimento principale. Ogni classe avrebbe potuto ripetere una ricerca simile coinvolgendo i nonni o gli anziani del quartiere o del paese. L’altro libro è intitolato Parole per giocare e l’autore è Gianni Rodari. È l’ultimo libro che Rodari pubblicò in vita, uscì ad ottobre del 1979 e Gianni ci lasciò nell’aprile del 1980. Io ho avuto l’onore di illustrarlo e quando presentai a Rodari i disegni che avevo preparato gli chiesi in cambio il regalo di una presentazione per il mio primo libro di vignette che stavo preparando e che si sarebbe intitolato Con gli occhi del bambino. Me lo promise, ma non fece in tempo a mantenere la promessa e allora io scelsi, fra le sue poesie di quel libretto quella del Signore maturo con un orecchio acerbo che accompagnò questo libro in giro per il mondo.

Nel 1977 una parte del gruppo redazionale si trova per alcuni giorni a Cervara di Pontremoli per costruire una mostra sulla scuola per analizzarne i diversi aspetti politici e pedagogici e proporre le necessarie innovazioni: per una scuola nuova in una società nuova. Si chiama Quale scuola perché per chi, viene realizzata in 26 manifesti 70×100 e presentata a Roma al Palazzo dei Congressi il 17 giugno del 1978 con la partecipazione di Mario Lodi e Tullio De Mauro.

Con grandi sforzi (specialmente economici da parte di Manzuoli) la BL tirò avanti fino al 1979 e poi, purtroppo nell’indifferenza di tutte le forze democratiche che avrebbero potuto aiutarla, chiuse dopo aver pubblicato 107 libretti.

Roma, 3 ottobre 2019.

1974

1975

1976

1977

1978

1979

Hanno collaborato

(dal Notiziario del I semestre 1979)

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